Recovery Plan, l’Ue lo aspetta dall’Italia già a ottobre secondo Paolo Gentiloni

Non resta molto tempo per preparare nel dettaglio il Recovery Plan che l’Italia dovrebbe presentare all’Unione Europea per l’approvazione entro ottobre, stando a quanto affermato dal Commissario agli Affari economici, Paolo Gentiloni.

Gentiloni ne ha parlato infatti nel corso di una intervista rilasciata a La Stampa, in cui dichiara che la Ue spera di ricevere il “Recovery and Resilience Plan” dall’Italia entro ottobre 2020, perché occorrerà poi del tempo per la sua discussione e approvazione.

Il Recovery Plan italiano “dovrà contenere proposte specifiche su investimenti e riforme” ha spiegato il commissario Gentiloni “con tempistiche e tappe molto chiare e dovrà includere le priorità condivise a livello Ue, come il Green Deal e la transizione digitale, oltre alle raccomandazioni che la Commissione pubblica per ogni Paese”.

“Speriamo di riceverlo già a ottobre perché poi ci servirà tempo per il dialogo e per l’approvazione” ha infatti affermato Paolo Gentiloni “dobbiamo avere la certezza che i programmi nazionali siano coerenti con le priorità europee”.

Secondo il commissario inoltre in Italia le stime sulle ripercussioni della crisi post-coronavirus sull’occupazione potrebbero essere sottostimate. Le previsioni che riguardano l’autunno, osservando i dati di disoccupazione attuali, sembrano non considerare adeguatamente il rischio di una ondata di disoccupazione in autunno.

Il commissario Gentiloni ha infatti spiegato: “condivido le preoccupazioni per quello che potrebbe succedere in autunno. Non solo in Italia, ma anche in altri Paesi. Sotto due aspetti: rischio di insolvenza per le imprese e conseguenze sociali”.

Nel frattempo gli occhi sono per ora puntati sulla riunione indetta dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in occasione della quel si dovrebbe fare il punto sui negoziati che riguardano il Recovery Plan appunto, che precede il Consiglio Ue straordinario fissato per i giorni 17 e 18 luglio.

Un argomento, quello del Recovery Plan che sarà senza dubbio trattato anche dai ministri delle Finanze nel corso della riunione dell’Eurogruppo che si svolgerà domani, giovedì 9 luglio. In occasione dell’incontro verrà anche affrontato il tema dell’elezione del nuovo presidente.

Le previsioni di Goldman Sachs sul Recovery Plan

Circa le previsioni di Goldman Sachs sul Recovery Plan, leggiamo su Repubblica che si attende “una soluzione di compromesso su ammontare e allocazione per Paese del Recovery Plan, il funding gap dell’area euro colmato dalle risorse messe a disposizione dell’Unione Europea e dagli acquisti di titoli da parte dalla BCE“.

Si tratta della sintesi di quanto contenuto in un rapporto curato da Alain Durre e da Sven Jari Stehn sulla possibile evoluzione del negoziato in corso sul Recovery Plan. Per cominciare si parla della possibilità che il fondo inizialmente fissato a 750 miliardi di euro, venga ridimensionato notevolmente. La nota banca d’affari americana prevede che alla fine la somma sarà quella di 600 miliardi di euro.

Di questi, 400 miliardi saranno rappresentati da sovvenzioni (grant), mentre altri 200 miliardi saranno prestiti. Ma quanto tempo occorrerà per l’approvazione? Secondo Goldman Sachs “il processo negoziale sarà complesso, ma la recente apertura a un compromesso dei Paesi ‘frugali’ ha aumentato le probabilità di un accordo durante l’estate”.

Nel rapporto leggiamo anche: “continuiamo a pensare che una decisione sia probabile in agosto, anche se un accordo è già possibile in un vertice di metà luglio”.

All’Italia sovvenzioni per 80 miliardi

Se per fare una stima del modo in cui i fondi del Recovery Fund verranno distribuiti tra i Paesi membri ci basiamo sulla simulazione che accompagnava la proposta della Commissione Ue, allora riscontriamo che i Paesi che vengono maggiormente ‘premiati’ sono quello dell’Europa del Sud e dell’Est.

Goldman Sachs però ci mostra un quadro alquanto differente, nella quale la distribuzione risulta meno favorevole ai Paesi periferici. Su Repubblica leggiamo che “dei 400 miliardi di sovvenzioni, 80 miliardi (una cifra che vale il 4,5% del Pil) dovrebbero andare all’Italia e circa 70 miliardi alla Spagna (5,5% del Pil)”.

E ancora “in termini di trasferimenti netti (erogazioni meno contributi richiesti) queste cifre corrispondono all’1,5% del Pil per il nostro Paese, suscettibile di salire al 3%, qualora la Commissione riuscisse a finanziare parte della spesa attraverso l’imposizione di nuove imposte”.

Per i Paesi frugali il Recovery Plan così strutturato si tradurrebba in una spesa netta, in percentuale sul Pil, simile a quella della Germania. Questo onere però si annullerebbe se il 50% dei costi del Piano venissero coperti da nuove imposte.

C’è poi un’altra soluzione secondo la nota banca d’affari statunitense, quella del mantenimento degli sconti di contribuzione (rebate) di cui fino ad ora hanno beneficiato.

“Consentire loro di mantenere questo sconto per i prossimi sette anni ridurrebbe il loro contributo netto allo 0,7% del Pil (o 11 miliardi di euro) nel nostro scenario base” si legge nel rapporto di Goldman Sachs “anche se questi importi sembrano modesti, possono essere politicamente potenti quando si tratta di ‘vendere’ un accordo dell’Ue in questi Paesi”.

La gestione dei fondi del Recovery Plan

È noto che l’Italia non ha mai brillato in fatto di gestione di fondi che arrivano dall’Ue, ma secondo gli esperti di Goldman Sachs “i ritardi nell’utilizzo dei fondi europei non rappresentano una buona guida per il futuro” scrive Repubblica.

I fondi del Recovery Plan infatti non dipendono dai contributi che vengono versati annualmente dai Paesi membri, ma saranno immediatamente resi disponibili grazie all’emissione di titoli sul mercato. I Paesi che vorranno fruire di questi fondi sono incentivati a sottoporre i loro progetti in tempi brevi.

Qualcuno dovrà avere in ogni caso la responsabilità di monitorare quel che accade nell’ambito della concessione dei fondi. Ed alcuni Paesi, tra i quali contiamo i cosiddetti ‘Paesi frugali’ non condividono l’impostazione secondo la quale dovrebbe essere la Commissione Ue l’unica responsabile in tal senso.

Secondo altri Paesi membri invece il coinvolgimento del Consiglio d’Europa rischia di allungare i tempi di esborso e c’è anche il problema dell’assegnazione della responsabilità del monitoraggio dell’uso che verrà fatto dei suddetti fondi.

Secondo Goldman Sachs si potrebbe alla fine approdare alla soluzione che vedrebbe una responsabilità condivisa tra i due organismi nella procedura di concessione, mentre per quel che riguarda la fase di controllo, che risulta espletata dalla sola Commissione Ue, potrebbe essere basata su una verifica semestrale e sull’adozione di obiettivi triennali.

Da un’analisi delle proiezioni dei disavanzi di bilancio, delle stime sull’utilizzo del Recovery Plan e dei programmi di acquisto titoli della Banca Centrale Europea, secondo gli analisti di Goldman Sachs, stando a quanto leggiamo su Repubblica, si può concludere che “i diversi strumenti messi in campo dalla Ue centrale dovrebbero colmare il divario di finanziamento dell’area dell’euro per il periodo 2020-22” cosa che poggerà soprattutto sugli acquisti fatti dalla BCE.

Nel rapporto di Goldman Sachs leggiamo che “il contributo del Recovery Plan è, in ultima analisi, modesto, date le sue dimensioni limitate e l’erogazione pluriennale”. Secondo i due analisti il fabbisogno netto di emissioni dell’Italia per il 2020 e 2021, sarà ampiamente coperto dagli aiuti forniti dall’Ue, mentre per il 2022 si rischia di scendere sotto la soglia.

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