L’Artico brucia, oltre 3,2 milioni di ettari di foresta in fiamme tra Siberia e Yakuzia

Il riscaldamento globale sta inaridendo le zone più fredde del pianeta, e con temperature al di sopra dei 30 gradi, complici i forti venti, divengono altamente esposte agli incendi. In queste ore in Russia, stanno bruciando 3,2 milioni di ettari di foresta che si trovano principalmente nelle regioni di Krasnoyarsk e Irkutsk in Siberia, e nella Yakuzia che si trova nell’estremo nord-est del Paese.

Le aree in fiamme comprendono una superficie grande quanto 100mila campi da calcio, e sedare incendi che si verificano in quelle zone è estremamente complicato. Si tratta per il 90% delle cosiddette “aree di controllo”, cioè zone remote che al momento vengono tenute sotto osservazione solo coi satelliti. Per i vigili del fuoco, raggiungere quelle zone per spegnere le fiamme è troppo pericoloso e al contempo troppo costoso. E anche se in quelle aree non sono presenti insediamenti umani, il fumo ha ormai raggiunto alcuni centri abitati situati vicino agli Urali, inoltre gli ambientalisti temono che ciò possa accelerare lo scoglimento dei ghiacci dell’Artide.

A tal proposito Greenpeace Russia ha dichiarato: “la situazione con incendi boschivi nella parte orientale del Paese ha smesso da tempo di essere un problema locale delle regioni della Siberia e dell’Estremo Oriente, ed è divenuta un disastro ambientale in tutto il pianeta.”

L’allarme di Greenpeace sui cambiamenti climatici

Vladimir Chuprov, capo del programma energetico di Greenpeace Russia ha dichiarato: “il cambiamento climatico porta alle conseguenze più inattese e spiacevoli quando siamo annegando e briciando al tempo stesso. Per evitare scenari catastrofici è necessario ridurre le emissioni di gas serra: fermare la combustione di petrolio, carbone, gas, prevenire gli incendi, ripristinare le foreste, cambiare le abitudini delle persone legate allo spreco di risorse del pianeta.”

Lo stesso Chrupov ha poi lanciato l’allarme: “la prossima inondazione nella regione di Irkutsk è molto probabilmente associata a un calore anomalo nel territorio di Krasnoyarsk, nel nord della regione di Irkutsk e in altre aree della Siberia orientale e occidentale, dove ora scoppiano incendi boschivi. La causa del caldo è il cosiddetto anticiclone bloccante, enormi masse di aria calda che ‘bloccano’ il territorio per la penetrazione di aria più fredda e più umida. Di conseguenza le precipitazioni che avrebbero dovuto cadere nel territorio di Krasnoyarsk arrivano sotto forma di piogge anomale alla periferia di questo anticiclone bloccante.”.

L’Artico in fiamme, un’emergenza globale

Le conseguenze di quanto sta avvenendo in Russia, con milioni di ettari di foresta in fiamme, rappresenta un’emergenza per l’intero pianeta. Secondo l’Organizzazione meteorologica mondiale la minaccia diretta della combustione è solo una porzione del problema, bisogna pensare anche a tutti gli inquinanti nocivi tra cui gas tossici come monossido di carbonio, ossidi di azoto e composti organici non metanici

Le partcielle di gas derivanti dalla combustione della biomassa possono essere trasportate molto lontano dal luogo dell’incendio, determinando un drastico calo della qualità dell’aria. Bisogna ricordare che da inizio giugno 2019 si sono verificati oltre 100 incendi di lunga durata nel circolo polare artico, e questi hanno emesso nell’atmosfera 50 megatonnellate di biossido di carbonio.

Per farsi un’idea si tratta dell’equivalente delle emissioni della Svezia in un anno intero. Per raggiungere le emissioni degli incendi che hanno interessato questa zona nel giugno-luglio 2019 è necessario sommare le emissioni di tutti gli incendi che vi si sono succeduti nello stesso periodo dal 2010 al 2018. 

Se il cambiamento climatico è una delle cause del disastroso incendio che sta devastando le foreste dell’Artico, lo stesso incendio finirà a sua volta con l’accelerare il riscaldamento globale per via delle enormi quantità di anidride carbonica rilasciate.

L’Organizzazione meteorologica mondiale ricorda che i megafire che si sono verificati in Canada nel 2014, coi quali sono finiti in cenere 7 milioni di acri di foresta, hanno rilasciato nell’atmosfera oltre 103 milioni di tonnellate di carbonio. Si tratta di una quantità enorme, pari alla metà dell’anidride carbonica che tutte le piante e gli alberi dell’intero territorio canadese, riescono ad assorbire nel corso di un anno.

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