Emissioni Co2 in calo nel mondo ma non in Brasile. La causa è la deforestazione, ma chi ci guadagna?

Stando alle stime fatto da Nature Climate Change, nel mondo le emissioni inquinanti a fine 2020 risulteranno ridotte del 7% circa rispetto a quelle registrate nel corso dell’anno precedente. Un dato che indica un netto miglioramento dei livelli di Co2 su base globale, ma che in Brasile non è confermato nemmeno lontanamente.

Infatti il Brasile è l’unico Paese del mondo in cui nel 2020, nonostante gli effetti benefici sull’ambiente prodotti dalla pandemia di coronavirus e dai relativi regimi di lockdown imposti nei vari Paesi, le emissioni di Co2 a fine 2020 risulteranno in aumento rispetto a quelle del 2019.

Per quel che riguarda il Brasile infatti, sempre secondo i calcoli di Nature Climate Change, le emissioni di anidride carbonica a fine 2020 risulteranno aumentate di un range compreso tra il 10% ed il 20% rispetto all’anno scorso.

Il motivo è da ricercarsi nella deforestazione selvaggia che si sta perpetrando a ritmi sostenuti ormai da troppo tempo. Secondo quanto riportato dai vari media italiani e non, nei primi quattro mesi del 2020 sono stati abbattuti circa 1.200 chilometri quadrati di foresta amazzonica brasiliana, vale a dire approssimativamente il 55% in pi più rispetto a quanto accaduto nello stesso periodo dell’anno precedente.

Inoltre si tratta della quota di abbattimento di alberi più alta registrata da 10 anni a questa parte. Stando a quanto riportato dal settimanale Economist, gli scienziati affermano che la perdita di alberi si sta avvicinando a un punto di non ritorno, con un rilascio di miliardi di tonnellate di carbonio nell’atmosfera.

Secondo gli attivisti la colpa è da imputare al presidente del Brasile, Jair Bolsonaro, che attraverso la deregolamentazione agevola il disboscamento, l’estrazione e l’agricoltura nella foresta, indebolendo l’applicazione delle leggi ambientali.

La deforestazione comunque nasconde dietro le quinte anche il business della carne bovina, quello della soia e quello delle materie prime. Qualcosa però si sta muovendo, infatti alcune aziende del settore si sono attivate per interrompere la ‘catena distruttiva’.

In che modo? Sostanzialmente ci sono dei colossi della produzione della carne, ad esempio Jbs, Marfring e Minerva che insieme rappresentano i due terzi delle esportazioni del Brasile, che hanno preso l’impegno di smettere di acquistare da fornitori che disboscano illegalmente.

Questo per quel che riguarda il mercato della carne, ma è successo qualcosa di analogo anche nel mercato della soia, con aziende come Cargill e Bunge, che hanno firmato un accordo a zero deforestazione per l’Amazzonia 2008. All’epoca c’erano state le dichiarazioni di societ come McDonald’s e Tesco che avevano dichiarato che non avrebbero più comperato soia amazzonica proveniente da terreni deforestati.

Iniziative queste che sono indubbiamente da apprezzare, ma che si sono rivelate però tristemente insufficienti a contrastare un fenomeno che ha preso piede in maniera così preponderante. Di fatto le grandi aziende non sono in grado di controllare tutti i loro fornitori, e anche se lo fossero, grandi quantità di carne bovina e di soia vengono costantemente scambiate anche da piccole imprese agricole che non si sono ancora attivate in alcun modo a tutela della foresta amazzonica.

Ma quali sono i Paesi che importano maggiormente dal Brasile? Il manzo brasiliano viene spedito principalmente in Cina, Russia e Medio Oriente, Paesi nei quali rispondere al fabbisogno alimentare della popolazione ha la priorità sulla salvaguardia dell’ambiente.

Tra l’altro durante il periodo della pandemia e del relativo lockdown, le aziende brasiliane della carne non hanno subito alcuna perdita in Borsa. Si pensi al fatto che quest’anno la Borsa del Brasile ha perso circa il 18%, mentre la Marfrig ha visto una crescita delle proprie azioni del 27%, mentre Minerva ha recuperato in breve tempo quel che aveva perso all’inizio dell’emergenza sanitaria globale.

Quanto agli effetti che la crisi legata all’emergenza coronavirus potrebbe produrre sugli investimenti delle aziende nell’ottica di una lotta alla deforestazione, questi presumibilmente non saranno positivi. È addirittura maggiormente probabile che si rilevi invece un incremento delle attività di disboscamento.

E ciò significa che per agire in maniera determinante sarà necessario trovare un accordo che risolva le complesse questioni come il destino di decine di migliaia di coloni sulle terre pubbliche dell’Amazzonia, dove ha luogo almeno la metà dell’opera di disboscamento.

Quali sono le idee di investimento?

Un’azione concreta ha iniziato ad essere presente da parte di investitori istituzionali quali fondi ed assicurazioni, a partire dal 2019, anno in cui è stato siglato il documento comune che invita le società ad attuare politiche anti-deforestazione e ad impegnarsi sulle modalità nelle quali è opportuno affrontare il problema.

Il documento è stato firmato da più di 230 investitori istituzionali che complessivamente gestiscono oltre 16 mila miliardi di dollari. Su onlinesim leggiamo a tal proposito che “l’impegno del mondo finanziario rientra nel megatrend di preservazione della biodiversità che è strettamente collegata ai cambiamenti climatici”.

I gestori sono molto attenti alla costruzione di un portafoglio sostenibile che riguarda le aziende che producono, commerciano e utilizzano materie prime agricole, proprio per via della grande importanza che viene assegnata al problema della difesa della biodiversità.

Il percorso che attraverso una economia sostenibile dovrebbe portare ad un radicale cambiamento dell’agricoltura, viene indicato nel punto 2 dei 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile SDGs.

Ad oggi esiste un solo fondo specializzato venduto in Italia attraverso il quale si investe sulle foreste del Pianeta. Si chiama Pictet Timber, e da gennaio a luglio 2020 ha perso il 12,91% circa, e attualmente investe approssimativamente due terzi del patrimonio complessivo in un portafoglio diversificato di azioni di società nei settori del finanziamento, della piantumazione e della gestione di foreste e regioni boschive e del trattamento, della produzione e della distribuzione di legname da costruzione e di altri servizi e prodotti derivanti dal leglio,

Inoltre, al fine di puntare sulla trasformazione del settore agricolo, sul mercato sono stati lanciati dei prodotti ad hoc, dei fondi azionari specializzati. Qui di seguito elenchiamo i primi 10 che investono appunto in agricoltura.

  • BlackRock Global Funds – Nutrition A2 USD
  • Pictet – Nutrition Classe R EUR
  • Pictet – Nutrition R USD
  • DPAM INVEST B Equities Sustainable Food Trends
  • DWS Invest Global Agribusiness NC
  • Amundi Funds Equity Global Agricolture Classe FU
  • Amundi Funds Equity Global Agriculture Classe FHE
  • Amundi Funds Equity Global Agriculture Classe SHE
  • Allianz Global Investors Fund – Allianz Global Agricultural Trends A GBP
  • Allianz Global Investors Fund – Allianz Global Agricultural Trends AT EUR

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