Report di Rystad Energy, nuovo record di spesa in rinnovabili

Gli investimenti effettuati in progetti nel settore delle rinnovabili dovrebbero raggiungere un nuovo record nel 2021. Questo è quello che emerge da un’analisi condotta da Rystad Energy, che ha calcolato un importo del valore di 243 miliardi di dollari, che sarebbe addirittura in grado di ridurre la differenza con la spesa effettuata invece per gas e petrolio, che quest’anno dovrebbe essere di circa 311 miliardi di dollari.

Secondo la società di ricerca scandinava, infatti, i fornitori di servizi per i giacimenti petroliferi hanno adottato un piano per apportare delle modifiche strutturali e diversificare, ma stando a quanto emerso dai rapporti finanziari del 2020, tutto ciò non è ancora sufficiente.

Prossimi al record

Gli investimenti nel settore delle rinnovabili, che corrispondono agli acquisti delle aziende di fornitura, si apprestano a raggiungere un altro record quest’anno, partendo proprio dal punto in cui si erano fermati lo scorso anno, quando la spesa complessiva aveva raggiunto un valore di oltre 224 miliardi di dollari.

Gli investimenti per petrolio e gas, invece, si stima resteranno in linea con i 306 miliardi stanziati lo scorso anno. Si tratta dunque di un valore decisamente lontano da quello raggiunto negli “anni migliori” di queste risorse, infatti basti pensare che nel solo 2019 E & P ha speso circa 422 miliardi di dollari in acquisti di forniture.

Grazie alla combinazione di questi due fattori, dunque, il divario tra rinnovabili e petrolio e gas si sta riducendo sempre più, come sottolinea Rystad Energy. Questo avviene anche perché al momento gli investimenti per le rinnovabili sono inferiori solo del 22% alla stima per i progetti upstream.

Buona parte della somma investita nel settore delle rinnovabili andrà a progetti eolici onshore, salendo così a quota 100 miliardi di dollari, partendo dai 94 miliardi dello scorso anno. La spesa per il solare fotovoltaico, invece, partendo dagli 88 miliardi del 2020, dovrebbe arrivare a raggiungere i 96 miliardi quest’anno. Allo stesso modo aumenteranno anche i fondi per l’eolico offshore, che passeranno da 43 a 46 miliardi di dollari.

L’Asia segue la scia dell’Europa

Secondo l’analisi della società di consulenza, la maggior parte della spesa dovrebbe provenire dall’Asia, che presenta 156 GW di capacità in costruzione a gennaio 2021, seguita poi dall’Europa con 32 GW. La decisione presa dalla Cina di ridurre molte sovvenzioni a partire da gennaio 2021, ha costretto diversi progetti a iniziare la costruzione e ciò ha contribuito ad aumentare notevolmente la spesa.

Più in dettaglio possiamo vedere che gran parte della spesa è dovuta al parco eolico offshore di Rudong da 800 MW della Cina, al progetto Zhuozi County da 2 GW e al progeto Hornsea 2 di Orsted da 1,4 GW, al largo del Regno Unito.

Quali eventi hanno avviato la trasformazione?

Secondo alcune stime, nel 2021 gli investimenti upstream aumenteranno di poco meno del 2%, con una spesa per progetti greenfield in calo di circa il 6%. Chinmayi Teggi, analista di servizi energetici di Rystad Energy, in una nota scrive: “gli eventi dello scorso anno hanno costretto le principali aziende di petrolio e gas ad esaminare strategie per ridurre l’esposizione al mercato rischioso durante la transizione energetica”.

“I fornitori di servizi per giacimenti petroliferi, ad esempio, hanno avviato una trasformazione considerevole, sperando di essere più rilevanti in un mercato più verde e diventare un’opzione più attraente per gli investitori“.

Ma dopo un 2020 quasi del tutto disastroso, i rapporti finanziari suggeriscono che è necessario fare ancora meglio. Rystad Energy ha infatti confrontato i ricavi di ben 170 fornitori quotati esposti ai mercati upstream di gas e petrolio, eolico e solare.

Da una prima analisi è emerso che, mentre le attività incentrate su petrolio e gas hanno registrato un calo del 23% in tutto il 2020 rispetto alle quote dell’anno precedente, le attività eoliche e solari fotovoltaiche hanno invece registrato un aumento delle vendite di circa il 18%.

Calano anche i fatturati delle aziende upstream

I ricavi trimestrali per le società di servizi del settore upstream hanno registrato un enorme peggioramento, con una riduzione del proprio fatturato del 25% rispetto all’anno precedente proprio a causa della mancanza di nuovi contratti e anche della lentezza con cui sono stati eseguiti i lavori arretrati. I ricavi dei servizi di pozzo e dei segmenti sismici lo scorso anno hanno subito una riduzione del 35% rispetto a quelli del 2019, e la stessa sorte è toccata ai ricavi degli strumenti di perforazione, che però hanno subito una riduzione del 25%.

Tuttavia Schlumberger, Baker Hughes e Halliburton hanno osservato anche delle performance positive, dovute a di miglioramenti nell’esecuzione del portafoglio ordini e e da un incremento dell’attività di shale negli Stati Uniti verso la fine dell’anno. Per questo motivo il fatturato di queste aziende è aumentato del 6% nel quarto trimestre rispetto ai tre mesi precedenti.

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