Chi potrà avere la pensione anticipata a partire dal 2022? Ecco le opzioni disponibili con lo scadere di Quota 100

Come sappiamo la misura sperimentale di Quota 100 scade il 31 dicembre 2021, dopodiché i lavoratori che avranno intenzione di andare in pensione prima dei 67 anni previsti dalla legge Fornero dovranno trovare altre soluzioni, ma quali?

Le possibilità che il governo di Mario Draghi disattenda le aspettative di Bruxelles che indica la necessità di cancellare Quota 100 sono estremamente basse, per non dire nulle, il che significa che non ci sarò alcun provvedimento legislativo di proroga per la misura sperimentale che, a partire dal 1° gennaio 2022 non sarà più in vigore.

Resta la possibilità, per coloro che hanno maturato i requisiti previsti da Quota 100, di andare in pensione anche successivamente alla sua scadenza, come abbiamo già visto in un precedente articolo, ma per tutti gli altri quella di Quota 100 non sarà più un’opzione.

I sindacati confederali (Cgil, Cisl e Uil) hanno quindi chiesto un incontro con il nuovo ministro del Lavoro, Andrea Orlando, al quale andranno a presentare alcune proposte per permettere un maggior numero di opzioni a quei lavoratori che intendessero andare in pensione prima dei 67 anni di età.

Una di queste proposte parte dalla legge Dini, e prevede l’estensione a tutti i lavoratori, sia quelli in regime retributivo che quelli in regime contributivo, della possibilità di andare in pensione invece che a 64 a 62 anni con soglia di accesso meno stringente.

Si pensa anche alla possibilità di permettere l’accesso alla pensione di anzianità al raggiungimento del requisito contributivo di 41 anni invece dei 42 anni e 10 mesi previsti attualmente.

Pensionamento anticipato con Ape sociale

Per i lavoratori che svolgono i cosiddetti lavori gravosi viene confermata la possibilità di andare in pensione con l’Ape sociale, ma a tal proposito i sindacati chiedono un ampliamento delle attività per le quali è prevista la suddetta opzione che al momento si esauriscono in un totale di circa 15 categorie di lavoratori.

In alternativa, per estendere la cosiddetta Ape sociale ad una platea più ampia si pensa anche alla possibilità di introdurre un coefficiente di trasformazione premiante. Ricordiamo che per andare in pensione con l’Ape sociale occorre aver raggiunto l’età anagrafica di 63 anni e il requisito di 36 anni di contributi, che si possono ridurre a 30 in un limitato numero di casi specifici.

Pensionamento anticipato per donne lavoratrici con figli

Un’opzione ad hoc dovrebbe essere riservata alle madri lavoratrici con figli, che potrebbero beneficiare di un ‘bonus’ di un anno di anticipo sull’età pensionabile prevista per ogni figlio. In alternativa la possibilità di calcolare in aggiunta ai contributi maturati un numero di anni di contributi corrispondenti al numero dei figli per il calcolo dell’assegno.

Un anticipo di un anno sull’età prevista per il pensionamento potrebbe essere previsto anche per quei lavoratori che effettuano 5 anni del cosiddetto “lavoro di cura” per anziani e disabili.

Lavoratori che hanno iniziato dopo il 1996

Tra le proposte che i sindacati mettono sul tavolo troviamo anche quella per coloro che sono entrati nel mondo del lavoro dopo il 1996, per i quali il calcolo dell’assegno pensionistico viene fatto interamente attraverso il sistema contributivo.

In questo caso, a differenza di quanto previsto per il regime retributivo, non è prevista l’integrazione al minimo della pensione, e questo può causare una notevole riduzione dell’assegno della pensione. Per questi casi si pensa di far pesare maggiormente i buchi contributivi e il part time al fine di riequilibrare queste pensioni.

Il problema del potere d’acquisto della pensione

I sindacati hanno indicato tra i problemi da risolvere anche quello della progressiva diminuzione del potere d’acquisto delle pensioni.

L’idea sarebbe quella di portare da 1.000 a 1.500 euro la quattordicesima, estendendo ai pensionati le detrazioni che attualmente sono previste per i dipendenti come quelle prodotte dal taglio del cuneo fiscale. Inoltre si pensa al ritorno all’indicizzazione piena al costo della vita per le pensioni con importi medio-alti.

La questione della previdenza complementare

Dal momento che la previdenza complementare, vale a dire l’accesso ai fondi pensioni, attualmente risulta essere appannaggio solo dei lavoratori dipendenti che percepiscono stipendi medio-alti, i sindacati propongono di introdurre degli incentivi destinati a precari e Piccole e Medie Imprese, ma anche un nuovo semestre di silenzio-assenso per l’Iscrizione al fondo pensioni. 

Il pensionamento anticipato con Quota 41, cosa cambierà?

Come abbiamo visto, uno dei modi per uscire dal mondo del lavoro in anticipo è la cosiddetta Quota 41, che prevede il pensionamento indipendentemente dall’età anagrafica raggiunta nel momento in cui si maturano 41 anni di contributo. In questo caso il calcolo dell’assegno della pensione veniva effettuato fino ad oggi attraverso il sistema misto, quindi per parte contributivo e per parte retributivo.

Per capire bene come funziona e in che modo potrebbe cambiare Quota 41, vediamo anzitutto quali sono gli attuali requisiti richiesti per questo pensionamento anticipato.

  • È necessario aver maturato almeno 1 anno di contributi prima di aver compiuto i 19 anni
  • Bisogna risultare all’interno di una delle seguenti categorie:
    – disoccupati con indennità Naspi scaduta da almeno 3 mesi
    – persone con disabilità almeno al 74%
    – caregiver da un minimo di 6 mesi
    – aver svolto lavori cosiddetti gravosi

Quello che potrebbe cambiare è il calcolo dell’assegno della pensione, che potrebbe subire alcune modifiche sulla base delle proposte dalla Lega che con il ddl 2855 suggerisce di estendere anche a Quota 41 il calcolo con il sistema contributivo.

A contestare la proposta della Lega sono stati anzitutto i sindacati secondo i quali facendo seguito a questo disegno di legge si andrebbe a gravare eccessivamente sull’assegno della pensione che finirebbe per essere ridimensionato per un valore pari al 25% ed il 30% rispetto all’ultima retribuzione percepita.

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