La Mongolia, un Eldorado per gli investitori?

Un laptop mostra un grafico

La Borsa di Ulan Bator è stata negli ultimi anni di gran lunga la migliore a livello mondiale. Dall’inizio del 2009 l’indice MSE Top 20 si apprezzato di circa il 300%. All’origine di questa eccezionale performance ci sono i tesori sepolti sotto la crosta della Mongolia.

Il paese asiatico, che è cinque volte più grande dell’Italia, occupa il quarto posto al mondo per riserve di rame ed il nono per quelle di carbone. Esistono inoltre degli importanti giacimenti di urano, oro, piombo, zinco e ferro. L’entità delle risorse non si conosce esattamente visto che la maggior parte di esse deve essere ancora esplorata. Il potenziale sembra però enorme. Grazie al boom delle materie prime l’economia mongola registra già da anni una forte crescita. Il Fondo Monetario Internazionale si attende, a seguito dell’avvio dello sfruttamento di alcuni progetti minerari e della forte domanda di metalli da parte della Cina, per il periodo 2013-2016 una crescita media di ben il 20% all’anno. Il PIL pro capite dovrebbe salire dagli attuali $2.000 a $8.000 nel 2018. Secondo Marc Faber, uno dei più noti “guru” di Wall Street, specialista dei paesi emergenti, la Mongolia potrebbe divenire “l’Arabia Saudita dell’Asia”. Nonostante le sue risorse naturali siano immense è incerto se la Mongolia raggiungerà un giorno veramente una tale posizione.

Uno dei più grandi problemi della Mongolia è la mancanza di un accesso al mare. Le sue infrastrutture sono inoltre ancora molto carenti. Nei prossimi anni saranno quindi necessari dei massivi investimenti non solo per sviluppare l’industria mineraria ma anche per costruire ponti, strade, ferrovie, acquedotti e reti elettriche. Una buona parte del capitale dovrà venire dall’estero. Il Governo mongolo ha degli obiettivi molto ambiziosi. Ulan Bator punta ad espandere fino al 2013 la sua rete autostradale di 3.000 chilometri e ad aumentare fino al 2014 la sua produzione di energia elettrica di 5 gigawatt. Prima che la Mongolia possa approfittare della sua ricchezza “nascosta” potrebbero passare ancora molti anni. Da interpretare positivamente è che la Mongolia ha un Governo parlamentare e che i principi democratici vengono rispettati.

Le dimensioni del mercato azionario sono ancora modeste. La capitalizzazione della Borsa di Ulan Bator ammonta appena ad $1 miliardo. Già un piccolo ordine può far balzare un titolo del 10% o di più. Il rally degli scorsi anni è stato causato soprattutto dagli hedge-funds che hanno scommesso sulla ricchezza di risorse della Mongolia. Nella capitale mongola circola quindi molto capitale speculativo. Negli ultimi due mesi il rally della Borsa di Ulan Bator ha subito un brusco stop. L’indice MSE top 20 è sceso dai suoi massimi a quasi 33.000 punti raggiunti alla fine di febbraio fino a circa 23.000 punti. Il forte ridimensionamento è stato dovuto in buona parte alla crisi nucleare in Giappone.

Un investimento in Mongolia è in ogni modo speculativo e molto rischioso. Oltre a ciò il piccolo investitore ha poche possibilità a disposizione per scommettere sul futuro del paese asiatico. Tra queste citiamo Ivanhoe Mines (CA46579N1033). L’impresa con sede a Vancouver ha stretto nell’ottobre del 2009 un accordo di partnership con il Governo mongolo relativo allo sviluppo del sito minerario Oyu Tolgoi, nella regione del Gobi. La Mongolia sarà titolare del 34% del progetto, Ivanhoe Mines, che è partecipata al 42,1% da Rio Tinto (GB0007188757), avrà il restante 66%. Il sito di Oyu Tolgoi viene considerato il più grande giacimento mondiale di rame e di oro non ancora sfruttato.

Ivanhoe Mines sta procedendo più velocemente del previsto con le sue operazioni ad Oyu Tolgoi e potrebbe iniziare la produzione commerciale già il prossimo anno. Si prevede che dalla miniera possano venir estratte fino a 450.000 tonnellate di rame e fino a 330.000 once d’oro all’anno. Rio Tinto ha delle opzioni per salire entro il gennaio del 2012 al 49% di Ivanhoe Mines. Sembra probabile che dopo questa data, quando scadrà il vincolo a contenere la quota, Rio Tinto possa tentare di prendere il controllo dell’impresa canadese. Il giacimento di Oyu Tolgoi promette infatti di essere molto lucroso se i prezzi del rame e dell’oro dovessero rimanere a degli elevati livelli.

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