Definita la “più grande democrazia del mondo“, quasi a ribadire un confronto più o meno impietoso con la situazione socio-istituzionale dell’altro grande gigante asiatico, l’INDIA rappresenta uno dei mercati finanziari maggiormente in espansione, divenendo un prioritario polo attrattivo per gli investimenti esteri provenienti da ogni continente. Il processo di rapida crescita che sta coinvolgendo la quasi totalità dei settori dell’economia indiana non è, ovviamente, né un caso né un avvenimento improvviso e inaspettato. Inattese semmai possono parzialmente essere le ciclopiche dimensioni del fenomeno, ma è tuttavia possibile ricondurre ad alcune determinanti fondamentali le ragioni della straordinaria evoluzione indiana.
In primo luogo quella indiana è una delle economie asiatiche che più delle altre può basarsi su un assetto istituzionale stabile. Ad oltre mezzo secolo dall’indipendenza dagli inglesi, il subcontinente può vantare un sistema di regole che, sebbene ne influenzino negativamente alcuni settori tramite una sorta di “eccesso di burocrazia cronica”, ne garantiscono contemporaneamente un solido sostegno.
L’India può inoltre contare su un palcoscenico di potenziali consumatori domestici senza confronti al mondo in valori assoluti: rilevante e caratterizzante è la presenza di una middle-class in fase di maturazione. Nel relativamente ristretto territorio indiano, decine di milioni di persone stanno conseguendo una nuova (e buona) capacità di risparmio e di spendita, desiderosi di poter prendere parte attiva all’autoalimentazione del boom economico del proprio Paese.
Il subcontinente è inoltre impegnato nel portare avanti alcune serie di riforme economiche, al fine di snellire gli iter procedurali. Particolare attenzione stanno meritando gli investimenti esteri, e nonostante la presenza di alcune regolamentazioni piuttosto ferree che limitano fortemente l’insediamento delle imprese straniere in alcuni mercati del Paese (soprattutto in quelli al dettaglio), numerose sono le proposte innovative in tal senso.
L’elenco dei punti di attrazione a vantaggio del Paese asiatico potrebbe continuare a lungo, ricordando, ad esempio, la presenza di alcuni settori ad alta specializzazione (con relativa manodopera professionale), altri settori con sviluppi record e le cui prospettive di crescita sono ancora tutte da scoprire (lecito citare il settore turistico), la presenza di Zone Economiche Speciali (o SEZ, Special Economic Zones) in grado di attrarre maggiori investimenti grazie a particolari agevolazioni in materia fiscale che giungono in certi casi a complete esenzioni.
D’altro canto è possibile pure girare la Rupia indiana per ricordare quali possano essere i lati negativi della medaglia: oltre alla già citata eccessiva burocratizzazione generalizzata, non occorre dimenticare che l’India è – quasi per eccellenza – il Paese delle contraddizioni, con alcune regioni tecnologicamente ed economicamente avanzate che vanno a posizionarsi (geograficamente, culturalmente) di fianco a realtà rurali estremamente povere. Tale diversificazione di mezzi, risorse, energie e potenzialità si riflette in tutti i campi della vita sociale: dalla longevità (l’aspettativa di vita nel Paese è di circa 60 anni, sebbene notevoli siano le differenze da regione a regione), al tasso di analfabetismo, che in alcuni casi raggiunge (e supera il 50%) della popolazione.
Altra diversità riguarda, purtroppo, il differente trattamento della persona umana sulla base del sistema delle caste, tradizione mai troppo sopita in tutto il subcontinente.
Limitandoci invece a ragionamenti in termini di indici macroeconomici, occorre segnalare quello che è uno dei pericoli “grigi” che incombono sull’economia indiana, che è rappresentato dal tasso dell’inflazione, attualmente oscillante tra il 5% e il 6% e che le prospettive non danno ancora in deciso ribasso. Nonostante numerose dichiarazioni intrise di ottimismo da parte del Primo Ministro Manmohan Singh, diminuire l’odierna tendenza dell’aumento dei prezzi al consumo pare essere uno degli obiettivi più difficilmente raggiungibili anche nel medio periodo.
Come per i risvolti positivi, anche per quelli negativi la lista potrebbe continuare, comprendendo, ad esempio, la povertà qualitativa (ma anche quantitativa) delle infrastrutture del Paese: porti, aeroporti, strade e ferrovie risultano tutt’oggi inadatte a supportare e stimolare la crescita.
Eppure, nonostante queste “ferite”, l’economia indiana sta dimostrando di potersi sviluppare fino a raggiungere, nei prossimi anni, la fatidica doppia cifra nella crescita della produzione interna lorda, ora vicina all’8%.
Miracoli – per citare uno slogan ampiamente abusato – dell’Incredibile India.
Seguici su Telegram
Rimani aggiornato con guide e iniziative esclusive per gli iscritti!