I mercati emergenti sono caratterizzati da alcuni trend positivi: buone dinamiche demografiche, rapporti debito/PIL a livelli accettabili, e ricchezza di minerali. Tuttavia, questi mercati presentano anche alcuni rischi di cui è bene essere consapevoli: il rallentamento della Cina, ad esempio, dove i tassi di crescita a doppia cifra del passato derivavano dalla manodopera a basso costo; questa disponibilità ha cominciato a diminuire cinque anni fa, con l’aumento graduale dei salari. È a questo punto che la crescita economica dovrebbe aver cominciato a rallentare, ma per ragioni politiche il governo cinese ha continuato a tenere gli attuali standard a livelli alti aprendo i rubinetti del credito.
Negli ultimi tre anni, la disponibilità di credito è cresciuta del 55% rendendo il rapporto credito/PIL della Cina alto quanto quello della Spagna e dell’Irlanda. Al tempo stesso, il reddito pro capite in Cina è molto più basso di quello delle economie sviluppate, quindi credo che la bolla del credito cinese sia insostenibile e potrebbe portare a grandi problemi nei settori bancario e immobiliare. L’economia cinese dovrebbe evolvere passando da un modello di crescita economica basato sugli investimenti a un modello di consumi nazionali. Paragonando questo sviluppo al Giappone degli anni Sessanta e Settanta e alle tigri asiatiche degli anni Ottanta e Novanta, si nota come storicamente una diminuzione di capitali investiti è stata strettamente correlata ai rallentamenti economici.
Questo rallentamento della Cina avrà enormi implicazioni per altri mercati emergenti che dipendono dalle proprie esportazioni verso la Cina; un esempio? Il Brasile, che è il principale partner nelle esportazioni. Gli esportatori di materie prime in particolare saranno vulnerabili a tali sviluppi.
La mia cautela verso i mercati emergenti è dovuta anche al rischio di deflussi di capitali esteri. Ad oggi, oltre il 60% del debito governativo del Perù è in mano a stranieri (cinque anni fa era poco sopra il 30%), e alcuni fondi obbligazionari globali hanno una forte esposizione a tali asset. Temo che i mercati emergenti non siano abbastanza liquidi da assorbire gli eventuali deflussi. I flussi verso i mercati emergenti sono stati trainati dagli investitori USA nella fase di diversificazione dei loro investimenti in conseguenza di un dollaro debole. Gli Usa si stanno incamminando verso una solida ripresa, che potrebbe comportare un aumento dei tassi da parte della Fed prima di quanto il mercato non si aspetti. In una fase in cui la crescita rimane debole in qualsiasi altra parte del mondo, ciò si potrebbe tradurre in un importante rafforzamento del dollaro. Una combinazione di tassi più alti dei Treasury e un più forte dollaro potrebbero fungere da catalizzatore di un successivo sell-off sui mercati emergenti.
A dispetto di questi rischi, le obbligazioni dei mercati emergenti in valuta locale sono prezzate per la perfezione e in molti casi non offrono sufficiente compensazione per il rischio credito o liquidità. Dieci anni fa, il Brasile era vicino al default, ma ora i suoi titoli di Stato con rating tripla B offrono uno spread di circa 100 punti base sui Treasury USA che, a mio avviso, non compensano per il rischio credito o liquidità. Questo è inoltre il caso di bond in valuta locale di Messico, Colombia, Perù e Filippine.
Di conseguenza, la mia preferenza è per il debito in valuta forte, poiché di solito ha caratteristiche più difensive, mentre i governativi degli emergenti in valuta locale sono meno difensivi e i loro rendimenti subiscono quasi sempre le oscillazioni dei tassi di cambio. In più, il debito in valuta locale tende ad essere strettamente legato agli altri asset rischiosi, come azioni e bond high yield. La mia preferenza è per i bond in valuta forte dei governi più forti e stabili, tra cui il Messico, la Malesia e Qatar. In particolare sono positivo sul Messico in particolare poiché dovrebbe beneficiare della ripresa economica USA.
Al momento, la mia ricerca di opportunità di investimento si concentra sulle obbligazioni corporate dei mercati emergenti. Molti di questi asset sono denominati in dollari USA e in alcuni casi rendono più dei titoli sovrani per rischi ampiamente simili. Alcune delle emittenti corporate dei mercati emergenti sono totalmente o in parte proprietà statale che significa che gli spread del credito rappresentano in pratica il rischio sui sovrani. Una di tali società è colombiana, il gruppo petrolifero Ecopetrol (COAECPO00008), che, in base alla costituzione del Paese, deve rimanere almeno per l’80% di proprietà statale.
Le società possono essere domiciliate in un Paese in via di sviluppo, ma è possibile che i loro proventi siano diversificati a livello globale. Un buon esempio di questo tipo di società è la messicana produttrice di cemento Cemex (MXP225611567), che genera quasi il 50% delle proprie vendite negli USA e Nord Europa, e su cui mi aspetto che sfrutti il vantaggio della ripresa del settore immobiliare negli Stati Uniti.
Infine, compagnie come Sappi (ZAE000006284), azienda cartiera basata in Sud Africa, sono in generale considerate molto rischiose in quanto ubicate in un Paese politicamente instabile. Tuttavia, le attività della società sono ben diversificate, e solo un quarto dei profitti vengono dal Sud Africa, mentre il resto negli USA ed Europa. Di conseguenza, la società è meno colpita dalle questioni nazionali. Tuttavia, la percezione generale del mercato è quella di grandi rischi, e questo crea un’opportunità di investimento su una società dai buoni fondamentali a un rendimento interessante.
In termini di valute, il fondo ha un’ampia esposizione al dollaro USA e più piccolo posizioni sul Peso messicano, il Ringgit malaysiano e il Peso filippino.
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