Nella seconda metà del 2012 c’è stato un rally generale di tutti gli asset più rischiosi come azioni e obbligazioni societarie, mentre gli asset percepiti come ‘porti sicuri’, tra cui titoli di Stato e valute ritenute solide come yen e dollaro USA, hanno registrato deboli performance. La caratteristica più importante del periodo, tuttavia, non va cercata nel rally in sé, ma nella sua natura: ci può essere stato un rally dei mercati azionari, ma non c’è stata una vera correlazione tra essi. Nella maggior parte dei casi, la performance degli asset è stato guidata da fattori eterogenei, più da elementi tipici per una singola asset class, che da temi macroeconomici più generali che coinvolgono tutti gli asset.
Questa particolarità può essere interpretata come il risultato di una rimozione (o riduzione) dei rischi sistemici percepiti dagli investitori. Il tipo di evento che nel 2008 ha minacciato tutto il sistema finanziario, con rischi estesi a tutti gli asset finanziari, ha dominato la psicologia degli investitori con i timori che si sono spostati dalle istituzioni finanziarie ai titoli di Stato europei. Queste preoccupazioni non sono scomparse, ma le parole di Mario Draghi e degli altri policymaker internazionali hanno rassicurato gli investitori del fatto che questi rischi fossero ridotti. Si tratta di uno sviluppo incoraggiante per quelli che, come noi, ritengono che puntare sul valore apra la strada nel lungo termine ai buoni rendimenti, e interpretano le anomalie di valutazione tra mercati azionari e obbligazionari come causate dalle paure degli investitori piuttosto che dai fondamentali.
IL RALLY AZIONARIO CONTINUERÀ?
Nonostante alcuni trend incoraggianti, le oscillazioni dei prezzi in molti casi sono state rapide e non accompagnate da analoghi cambiamenti nei fondamentali. Infatti, le aspettative collettive di crescita globale e profitti in molte regioni nel mondo sono crollate e rimangono depresse, suggerendo un’inconsistenza di visione degli attori del mercato. Questa inconsistenza apparente è stata giustificata da alcuni come una funzione della politica della banca centrale che spinge i rendimenti tra gli asset ‘sicuri’ a livelli estremamente bassi, ‘forzando’ gli investitori ad assumere più rischi; altri invece hanno parlato più genericamente di una ‘grande rotazione’ dalle obbligazioni alle azioni. Noi in generale siamo scettici di fronte a questi argomenti: sembrano interpretazioni eccessivamente sempliciste e superficiali. Qualunque sia la causa, la natura dei movimenti di prezzo apre nuove domande. Quando asset che si considerano interessanti si muovono rapidamente in favore dell’investitore, come si dovrebbe rispondere? La nostra filosofia di investimento si basa sull’impegnarsi quando, proprio come accade oggi, i segnali di valutazione sono interessanti, e sul soppesare le esposizioni in risposta alla volatilità. Di conseguenza, mentre oggi è richiesta cautela, siamo molto interessati alle azioni rispetto agli asset percepiti come ‘sicuri’, in quanto essi sono la più ovvia opportunità di investimento di oggi. La nostra view è ampiamente supportata dagli sviluppi fondamentali degli ultimi sei mesi. Nonostante le deludenti aspettative economiche, i dati reali sono da qualche tempo ragionevolmente incoraggianti, anche se ancora eterogenie e suscettibili di qualche distorsione del mercato. In contemporanea, le pressioni inflattive sulle banche centrali sono state marcatamente ridotte e, a livello globale, è proseguito il graduale spostamento verso politiche maggiormente favorevoli alla crescita. Mentre i rischi rimangono, tra cui quelli legati alla zona euro, la nostra visione è che per quanto riguarda i fondamentali non c’è niente che invalidi la nostra convinzione di attrattività delle valutazioni azionarie che vediamo oggi.
C’È UNA BOLLA SUL MERCATO OBBLIGAZIONARIO?
Molti commentatori di mercato sono centrati sulla questione se ci sia una ‘bolla’ sui mercati obbligazionari globali, in particolare in riferimento alle obbligazioni governative occidentali. I rendimenti reali prevalenti sono decisamente poco interessanti (negativi in alcuni casi), e la sfida a livello di analisi è capire se questi bassi rendimenti reali in offerta sono uno spostamento strutturale, necessario per la creazione di crescita, o ‘un incidente che aspetta di accadere’. La nostra percezione è che le vere bolle in genere non sono accompagnate da così tanti commentatori che le descrivono, ma che gli attuali rendimenti offrono ben poche possibilità di ottenere i rendimenti registrati negli ultimi anni. Da qualche tempo, c’è stato un cambiamento di tono tra i commentatori dei mercati con una maggiore enfasi data ai pericoli di avere in portafoglio bond. Se chi investe in obbligazioni dovesse continuare a registrare poveri rendimenti mentre le azioni performano con forza, ci potrebbe essere un cambiamento rispetto al desiderio di ‘preservazione del capitale ad ogni costo’ che ha caratterizzato il comportamento degli investitori negli anni recenti.
“LA GUERRA DELLE VALUTE” E LE POLITICHE DELLE BANCHE CENTRALI
Un’altra area che stiamo seguendo da vicino sono le potenziali implicazioni delle meno omogenee politiche delle banche centrali globali, in particolare rispetto ai tassi di cambio. Uscendo da un periodo in cui c’è stato un certo consenso riguardo all’importanza di controllare il target di inflazione e l’uso della politica monetaria per ottenere questo risultato, il 2012 ha mostrato segni della volontà di molte banche centrali di adottare politiche meno convenzionali. Se si dovesse tornare a un ambiente caratterizzato da politiche centrali molto divergenti e di “guerra delle valute”, il mercato dei tassi di cambio potrebbe comportare un aumento della volatilità e delle opportunità connesse.
CONCLUSIONI
Al momento la sfida per gli investitori risiede nell’interazione tra segnali di valutazione di medio termine chiari – che favoriscono l’azionario rispetto agli asset ‘sicuri’ – e la natura della recente price action. Si potrebbe argomentare che è successa la cosa giusta, ma c’è il rischio che sia successo in parte per i motivi sbagliati. Tuttavia crediamo che, mentre ci siano rischi più che comprovati per l’economia globale e che la price action suggerisca cautela, il maggiore rischio oggi per chi ha una prospettiva di lungo termine sarebbe ignorare i segnali di valutazione interessanti in offerta.
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