Scandalo in casa Dolce e Gabbana, casa di moda italiana nota in tutto il mondo. I due fondatori e stilisti della maison nata nel 1985, Domenico Dolce e Stefano Gabbana sono stati condannati ad 1 anno e 8 mesi di reclusione per evasione fiscale. Gli stilisti, che non finiranno in carcere in quanto incensurati, sono stati anche condannati al pagamento di una provvisionale di 500mila euro all’Agenzia delle Entrate.
La loro colpa si chiama esterovestizione, termine con il quale si intende la fittizia localizzazione all’estero della residenza fiscale di una società che, al contrario, ha di fatto la sua attività e persegue il suo oggetto sociale in Italia. Lo scopo principale della localizzazione è quella di fare in modo che gli utili siano sottoposti ad una minore tassazione. I due stilisti sono finiti a giudizio perché nel 2004 avrebbero venduto il loro marchio alla società di comodo lussemburghese Gado, di cui sono soci, a un prezzo molto basso, per non pagare un miliardo di euro di tasse. Domenico Dolce e Stefano Gabbana hanno negato le accuse e hanno dichiarato che ricorreranno in appello.
La lotta all’evasione fiscale e i paradisi fiscali sono temi che sono stati trattati anche dal G8 in Irlanda del Nord. Il premier inglese David Cameron ha spiegato che “affinché gli stati possano chiedere meno tasse è necessario che siano in grado di riscuotere le tasse”.
I leader si sono impegnati a fare dello scambio automatico di informazioni tra le autorità fiscali il nuovo standard globale, che faciliterà i governi nella caccia agli evasori. I leader del G8 si sono impegnati a combattere l’economia offshore, che toglie all’Europa ogni anno 1.000 miliardi di euro in tasse.
Naturalmente tra i maggiori clienti dei paradisi fiscali ci sono le multinazionali, che giocano la loro battaglia fiscale sui buchi legislativi.
Intanto la stretta del fisco sulla aziende italiane si fa sempre più sentire anche se l’evasione continua a salire vertiginosamente, per il peso delle tasse. Secondo quanto comunicato dal presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampolino, la pressione fiscale effettiva si è impennata fino al 53%. “L’evasione fiscale – ha ricordato Giampaolino – continua ad essere per il nostro Paese un problema molto grave”, che si è reso più evidente con l’aggravarsi della crisi economica visto che le aziende aggirano il fisco per finanziarsi attraverso il “mancato pagamento di tributi (per lo più Iva) e contributi”. Il fenomeno dell’economia sommersa “ha dimensioni rilevanti: fino al 18% del PIL e colloca il nostro Paese al secondo posto nella graduatoria internazionale guidata dalla Grecia”, ricorda Giampaolino, specificando che sull’Iva resta elevata la “propensione a non dichiarare” con una sottrazione di imposta nel 2011 di 46 miliardi di euro. E “molto grave” resta anche l’evasione dell’Irap. Nell’insieme dei due tributi “il vuoto di gettito creato dall’evasione stimato dall’Agenzia delle Entrate ammonterebbe nel solo 2011 a 50 miliardi”.
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