Riteniamo che le notizie della scorsa settimana provenienti dall’Eurozona siano coerenti con un allentamento della politica della BCE nel corso del meeting di giugno.
· L’inflazione attuale è ancora bassa. Le ultime stime sull’inflazione nell’Eurozona ad Aprile confermano questa lettura modesta che non dà alcun motivo alla BCE per cambiare la propria posizione. Il quadro dell’inflazione è infatti peggiorato con i dati del PIL francese e di quello italiano al di sotto delle aspettative.
· I dati sulla crescita hanno deluso anche nel primo trimestre: la BCE ha il compito di mantenere l’inflazione ancorata al 2% nel medio termine (2 anni). Questo target consente alla BCE di poter guardare oltre la bassa inflazione nel caso ritenga che la crescita riprenderà, l’output gap si chiuderà e l’inflazione crescerà. I dati attuali mostrano che l’Eurozona è cresciuta solo dello 0,2% nel 1° trimestre contro lo 0,4% previsto. Prendendo in considerazione i singoli Paesi, la preoccupazione principale è stata la contrazione dello 0,1 % vista in Italia. Queste notizie non danno sollievo a una BCE già preoccupata per i rischi di una bassa inflazione.
· I professionisti prevedono che l’inflazione rimarrà al di sotto dello 0,9% nel 2014, sotto l’ 1,3 % nel 2015, sotto l’1,5% nel 2016 e sotto l’1,84% nel 2018. Visto che queste previsioni sono vicine alle aspettative di marzo dello staff della BCE, non c’è ragione di allarmarsi. Tuttavia, anche queste non danno nessun conforto alla BCE.
Dal momento che Mario Draghi ha comunicato al mercato la possibilità di una politica più flessibile, il mercato ha iniziato a prezzare in modo che il tasso refi sia crollato da 22 punti base a 17. Visto che i tassi d’interesse sono importanti per le valute, questo crollo ha contribuito a trascinare l’euro al ribasso. Questo indica che la BCE dovrà fare di più che tagliare solamente il tasso refi a circa 15 punti base (come molti opinionisti di mercato si aspettano) se l’euro dovesse andare sotto pressione ulteriormente. Questo “di più”, a nostro avviso, si tradurrà in un linguaggio “dovish” e in un taglio del tasso di deposito. Se così sarà, pensiamo che il cambio EUR/USD si attesterà intorno a 1,35.
A nostro parere, il cambio euro-dollaro difficilmente scenderà molto al di sotto di 1,35 a meno che la BCE non agisca per invertire in modo deciso la riduzione del suo bilancio e/o i rendimenti USA a 10 anni sfondino quota 3%. Riteniamo che ci sia qualche possibilità che la BCE annunci nel corso del meeting di giugno l’intenzione di fermare la fuga di liquidità creata dal Securities Market Programme (SMP). Tuttavia, crediamo che questo possa rallentare la velocità con la quale il bilancio della BCE si restringe piuttosto che aumentarla. Riteniamo che ci sia troppa resistenza politica per avviare un programma di quantitative easing (che aumenterebbe notevolmente le dimensioni del bilancio) e che i rendimenti USA difficilmente si muoveranno al rialzo in modo sostanziale fino al quarto trimestre 2014. Continuiamo a prevedere il cambio EUR/USD a 1,33 in un anno.
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