Il Brexit, ovvero la possibile uscita del Regno Unito all’interno dell’Unione Europea, ma non all’interno dell’Eurozona di cui Londra non fa parte, è attualmente uno degli argomenti più discussi e caldi sul panorama internazionale.
Il 23 Giugno, data del referendum che interesserà tutti i cittadini del Regno Unito, potrebbe rappresentare lo spartiacque tra la prosecuzione di una convivenza un po’ difficile tra Londra e Bruxelles in caso di vittoria dello “stay”, e un periodo di forte instabilità economica prima che sociale in caso di vittoria del “leave”.
Dall’inasprimento della campagna da parte del fronte del brexit iniziata nell’autunno del 2015 l’economia ha rallentato, più per fattori esogeni che interni. Tuttavia, con l’intensificarsi della diatriba politica nella prima parte del 2016 gli investimenti nel Regno Unito sono diminuiti, le assunzioni in forte rallentamento e gli accordi, fusioni e acquisizioni sono stati messi in standby in una sorta di paralisi attendista in vista di uno dei voti che potrebbero cambiare significativamente la storia dell’Unione Europea.
Le conseguenze per l’Europa continentale sarebbero minime dal punto di vista economico: nonostante il Regno Unito sia un partner commerciale importante, il mercato unico rappresenta comunque il 90% del potenziale espresso dall’Unione Europea. Tuttavia, gli effetti politici potrebbero essere devastanti in questo periodo storico funestato dal perdurare della crisi economica e della crescente avanzata dei populismi: nello specifico, ciò che preoccupa i funzionari di Bruxelles e i governi nazionali, è la possibilità che il divorzio possa innescare un movimento emulativo di ampie dimensioni che potrebbe portare allo sfaldamento dell’Europa per come la conosciamo.
Dal punto di vista dei sondaggi e delle opportunità di trading il riassorbimento delle probabilità di voto favorevole al brexit nelle settimane scorse hanno riportato le quotazioni della sterlina verso quota 1.47, in netto rialzo rispetto ai minimi toccati in area 1.39 lo scorso Febbraio quando il popolare sindaco di Londra Boris Johnson aveva dichiarato il proprio supporto al brexit.
Tuttavia, un sondaggio pubblicato questa settimana ha messo in evidenza l’avanzata della probabilità di brexit con un deciso aumento del fronte del “leave”, situazione che ha ripiombato il cable, il rapporto tra sterlina inglese e dollaro statunitense, in area 1.44.
Infatti, anche in virtù delle oscillazioni del periodo attuale, irrimediabilmente collegate al panorama di incertezza, l’aumento della volatilità sul cable è evidentissimo, ma rimane tuttavia incluso all’interno di un range di prezzo abbastanza definito tra 1.4350 e 1.4750. Quattro figure che descrivono l’attuale predisposizione degli investitori ad aspettare l’esito delle consultazioni del 23 Giugno.
In ogni caso, la relazione diretta tra il voto a favore del brexit e la discesa della sterlina è fuori discussione e la strategia preferibile è sicuramente quella di prendere posizione corta sulla sterlina sui massimi di periodo. Commenta Emanuele Rigo, analista di AvaTrade, che se è vero infatti che l’esito della votazione è ancora totalmente incerto, è vero anche che solo nel caso di voto favorevole al brexit (all’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea) dovremmo assistere a movimenti violentissimi al ribasso, rispetto a movimenti più contenuti al rialzo in caso di vittoria del fronte dello “stay”.
Il 23 Giugno è ancora lontano e tutto può succedere. Tuttavia la posta in gioco è troppo alta. L’avanzata del populismo da est a ovest del mondo pone rischi serissimi alla stabilità politica dei giorni nostri. Se vincesse il fronte del brexit, si legge nelle dichiarazioni, si aprirebbero i cancelli alla disgregazione dell’Unione Europea. Anche il G7 in Giappone ha messo in guardia i leader mondiali sul rischio e sugli effetti di un divorzio tra Londra e Bruxelles che potrebbe costituire l’inizio di una fase di fortissime instabilità politiche ed economiche che tuttavia potrebbero rappresentare importanti opportunità di investimento.
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