Il dollaro è stato la scorsa settimana l’assoluto protagonista sul forex. Il Dollar Index, l’indice che misura il valore del biglietto verde in relazione al paniere delle altre principali valute, è salito ai massimi da sette mesi. Il dollaro ha beneficiato della crescente aspettativa che la Fed agirà prima della fine dell’anno. Dalle minute dell’ultima riunione del FOMC, il comitato esecutivo dell’istituto, è emerso mercoledì che diversi suoi membri ritenevano lo scorso 21 settembre che fosse necessario alzare i tassi “relativamente presto”.
Gli ultimi dati della CFTC (Commodity Futures Trading Commission) segnalano che sempre più speculatori puntano sul dollaro. Nella settimana conclusasi l’11 ottobre, gli investitori non commerciali, come gli hedge funds, hanno aumentato le posizioni nette lunghe sul biglietto verde di $4,2 miliardi a $14,22 miliardi. Si tratta del più alto livello da più di otto mesi.
L’euro ha perso la scorsa settimana rispetto al dollaro l’1,3%. Si è trattato del quinto ribasso settimanale consecutivo. La moneta unica è scesa giovedì, per la prima volta da luglio, sotto quota 1,10 dollari. La Banca Centrale Europea ha fissato venerdì il cambio euro-dollaro poco sopra tale soglia, a 1,1002.
In questo contesto la riunione della BCE di giovedì prossimo, 20 ottobre, sarà un importante test per l’euro. Mario Draghi sarà chiamato a fare chiarezza sul programma di allentamento quantitativo dell’istituto. Lunedì scorso Bloomberg ha innescato un mini-terremoto sui mercati ipotizzando un “tapering”, ovvero una graduale riduzione dell’acquisto di titoli da parte di Francoforte. Nonostante l’Eurotower abbia smentito la notizia, l’incertezza resta tra gli investitori.
La maggior parte degli analisti crede che per un “tapering” sia troppo presto e si attende che un’estensione del QE (Quantitative Easing) oltre il prossimo marzo sia lo scenario più probabile. In effetti, la BCE è lungi dall’aver raggiunto i suoi obiettivi. Nonostante alcuni segnali positivi, la crescita dell’Eurozona è lenta e l’inflazione resta molto bassa. Lo stesso Draghi ha indicato, nella conferenza stampa dopo la riunione di settembre, che i rischi sono orientati al ribasso e che il QE potrebbe andare oltre marzo 2017, qualora fosse necessario.
Tuttavia UBS crede che la speculazione su un “tapering” spingerà l’euro verso il suo valore equo nel 2017. “L’Europa ha giovato per un lungo periodo di una valuta sottovalutata”, si legge in una nota pubblicata giovedì. “L’euro – indica la banca d’affari – dovrebbe prima o poi iniziare ad apprezzarsi, spinto da un aumento dell’inflazione e/oppure dai segnali che la BCE sta discutendo una graduale riduzione del suo programma di allentamento quantitativo”.
UBS prevede che l’euro salirà a 1,20 dollari nei prossimi 12 mesi e possa tornare al suo valore equo di 1,25 dollari. Gli analisti interpellati da Bloomberg si attendono invece, in media, per la fine del prossimo anno un cambio euro-dollaro a 1,10.
Secondo UBS la BCE annuncerà molto probabilmente il “tapering” nel corso del 2017. La BCE “deve e ridurrà gradualmente gli acquisti di titoli”.
UBS basa le sue previsioni anche sulle aspettative per le condizioni negli Stati Uniti, che includono un peggioramento del deficit delle partite correnti e del tasso di risparmio dei consumatori. Gli esperti ritengono che il dollaro sia sopravvalutato rispetto alle altre principali valute e debba indebolirsi.
L’Europa tornerà “su basi più stabili ed offre pertanto un’attrattiva alternativa”. UBS si attende che gli investitori internazionali cercheranno una migliore diversificazione e ridurranno la loro esposizione nel dollaro. “Ci aspettiamo che l’euro si apprezzerà più significativamente”.
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