Volkswagen, giudice USA approva maxi patteggiamento per Dieselgate

Volkswagen (DE0007664039) ha fatto un importante passo in avanti per risolvere una buona parte dei suoi problemi legali negli Stati Uniti legati allo scandalo del “Dieselgate”. Il giudice federale Charles Breyer, a San Francisco, ha approvato in via definitiva il maxi patteggiamento che potrebbe costare al gruppo tedesco fino a 16,5 miliardi di dollari.

Il compromesso è “giusto, appropriato e adeguato”, ha comunicato il tribunale di Breyer. Il giudice aveva già segnalato in un’udienza tenutasi una settimana fa che avrebbe dato via libera all’accordo.

“L’approvazione dell’accordo è una importante pietra miliare nel nostro percorso per risolvere il problema che abbiamo creato un po’ di tempo fa”, ha dichiarato Matthias Mueller, il numero uno di Volkswagen. “Sono grato a tutti coloro che hanno contribuito a raggiungere questo obiettivo intermedio. Ciò ci dà fiducia per le prossime settimane, abbiamo ancora alcuni problemi da risolvere”.

Volkswagen aveva raggiunto a giugno con le autorità statunitensi e con molti proprietari di auto diesel negli Stati Uniti un accordo per pagare fino a 14,7 miliardi di dollari. La somma è successivamente aumentata a seguito di accordi con i procuratori di Stato e con i concessionari. A luglio Breyer aveva approvato il patteggiamento in via provvisoria. Il compromesso è stato accolto positivamente dai clienti. La maggior parte di loro si è già registrata per accettare l’offerta.

Volkswagen offre ai proprietari di auto diesel negli Stati Uniti, a seconda del modello e dell’anno di costruzione, un risarcimento tra 5.100 e 10.000 dollari. Il gruppo tedesco deve inoltre offrire la possibilità del riacquisto della vettura oppure la sua modifica per rimetterla in regola con le norme. Volkswagen si è finora rifiutato di stringere simili accordi in Europa. A livello globale sono state manipolate circa 11 milioni di automobili.

Il patteggiamento stretto negli Stati Uniti riguarda 475.000 vetture equipaggiate con motore diesel 2.0 TDI, su cui è stato installato un software per truccare i risultati dei test delle emissioni. Dopo le accuse mosse dall’EPA (dall’Environmental Protection Agency), l’agenzia federale che si occupa di protezione dell’ambiente, Volkswagen aveva ammesso nel settembre del 2015 la manipolazione facendo scoppiare l’ormai famoso scandalo.

Resta ancora aperta la questione di circa 85.000 vetture equipaggiate con motori V6 3.0 TDI manomessi con il software fraudolento. Volkswagen sta ancora cercando un compromesso con le autorità statunitensi. Il giudice Breyer ha dato tempo fino al 3 novembre per ricevere proposte dettagliate.

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