Il prezzo del rame frena, ma è la migliore settimana dal 2011

Dopo quattordici sedute positive di fila il prezzo del rame ha chiuso oggi al LME (London Metal Exchange) in ribasso. Il future a tre mesi ha perso lo 0,9% a $5.549 per tonnellata. Nel corso della seduta il prezzo del rame è salito ai massimi dal giugno del 2015 a $6.025,50 per tonnellata. Nel pomeriggio c’è stato tuttavia un crollo. Gli operatori hanno indicato che il rally era insostenibile dal punto di vista fondamentale. Nonostante l’odierno ribasso, il rame si è apprezzato questa settimana dell’11,2%. Si è trattato della migliore performance settimanale dal 2011.

Il prezzo del rame ha accelerato durante i giorni scorsi al rialzo dopo l’elezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti. Il tycoon newyorkese ha promesso significativi investimenti nelle infrastrutture per spingere la crescita della prima economia mondiale e creare occupazione. Gli investitori scommettono di conseguenza su un forte aumento della domanda per il metallo rosso.

Goldman Sachs ha avvertito in una nota che il rally del prezzo del rame potrebbe invertirsi bruscamente nel primo trimestre a causa di un’accelerazione dell’offerta e di un rallentamento della crescita della domanda e del credito in Cina. La casa d’investimento preferisce per il 2017 il nichel e lo zinco che sono in deficit oppure maggiormente esposti agli stimoli negli Stati Uniti.

Secondo Citigroup il rally del rame sarebbe stato “prematuro” ed i prezzi potrebbero scendere verso la fine dell’anno. D’altra parte la banca d’affari ritiene che la ripresa del settore manifatturiero cinese, il calo delle scorte a livello globale e le addizionali spese della Cina nella sua rete elettrica, segnalino quotazioni più elevate nel medio termine.

L’odierna volatilità al LME è stata dovuta anche alla presenza di molti speculatori cinesi sul mercato dopo che lo Shanghai Futures Exchange ha alzato i requisiti di margine per le transazioni su alcuni metalli.

Nel corso della seduta l’alluminio ha toccato i massimi dal maggio del 2015 a $1.794,50, ma ha chiuso in calo dell’1,4% a $1.745 (+1,3% in settimana). Dopo essere salito ai massimi dal luglio del 2015 a $12.145, il nichel ha perso il 2,9% a $11.250 (+7,6% in settimana). Il piombo ha perso il 2% a $2.111 (+0,5% in settimana). Nel corso della giornata il metallo utilizzato nella produzione di batterie ha toccato i massimi dal settembre del 2014 a $2.226. Lo zinco è salito fino a $2.637, ovvero ai più alti livelli dall’ottobre del 2010, prima di chiudere in flessione del 2,1% a $2.472 (+1% in settimana). Lo stagno ha perso lo 0,6% a $21.375 (+0,4%).

Il calo dei prezzi dei metalli ha fatto scattare delle prese di beneficio sui titoli minerari al London Stock Exchange (LSE). Anglo American (GB00B1XZS820) ha perso il 2,4%, Antofagasta (GB0000456144) l’1,3%, BHP Billiton (GB0000566504) il 2,8%, Glencore (JE00B4T3BW64) il 2% e Rio Tinto (GB0007188757) il 2,5%.

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