Stando agli ultimi attesi aggiornamenti, nel mese di marzo l’inflazione è diminuita a 1,5 per cento dal precedente livello di 2,0 per cento, e dunque su un livello che è ben più debole delle attese. Inoltre, l’inflazione core è tornata indietro a 0,7 per cento da 0,9 per cento, per il livello di un anno fa e per uno dei più bassi di sempre.
Complessivamente, il dato statistico di marzo lascia la stima media per il 2017 a 1,4 per cento da una precedente stima dell’1,7 per cento. Ma con quali effetti sulla BCE, considerato che l’istituto monetario di Mario Draghi ha nell’inflazione un interesse dedicato?
Per il momento, non possiamo che ritenere come i dati di inflazione più deboli del previsto potranno offrire solamente un supporto limitato alla parte meno interventista all’interno del Consiglio BCE. Di fatti, già negli scorsi giorni Coeurè, uno dei membri tendenzialmente più cauti, ha dichiarato come il bilancio dei rischi per la crescita sia ora “circa bilanciato”, con una cautela che è giustificata dai rischi verso il basso per la crescita.
A questo punto, se una simile considerazione giungesse a rivisitazione nel corso del mese di giugno, è possibile che la guidance sui tassi venga modificata e che il riferimento a tassi più bassi venga rimosso. Per il resto, bisognerà avere pazienza: ulteriori variazioni alle guidance sulla “sequenza di uscita”, con contestuale rialzo dei tassi solo dopo la fine degli acquisti, saranno formalizzate dopo l’estate… ammesso che ci siano.
Tra gli altri commenti in tal senso, Knot ha dichiarato che un rialzo del tasso sui depositi a inizio 2018 non sarebbe da escludere, magari insieme all’avvio del tapering. Nowotny e Lautenschlaeger hanno invece affermato che in tempi più brevi si potrebbero dar seguito ad alcune modifiche della guidance, mentre Praet e Smets sembrano essere più cauti.
Seguici su Telegram
Rimani aggiornato con guide e iniziative esclusive per gli iscritti!