La sterlina, così come ha fatto l’euro, ha compiuto una discreta marcia indietro sul recupero del dollaro statunitense, che ha prima ceduto terreno nella serata di mercoledì, quando Trump ha (mal) pensato di esprimere una posizione molto netta sul dollaro (affermando che è troppo forte rispetto alle sue preferenze), per poi recuperare terreno nella successiva giornata di giovedì, quando il mercato ha assorbito l’impatto delle dichiarazioni del presidente degli Stati Uniti.
Al di là di tale movimento che – ribadiamo – è stato indotto dall’umore generato dalle ultime dichiarazioni del presidente statunitense, riteniamo che i rischi per la sterlina rimangono in maniera evidente verso il basso. A pesare è infatti la Brexit, i cui contorni non si sono ancora delineati, e che sembra ispirare un crescente pessimismo negli operatori: per poterne sapere di più non possiamo che verificare quel che avverrà nella settimana prossima, quando verranno pubblicati i dati sulle vendite al dettaglio – attese in calo – e quando avverrà un significativo incontro tra il presidente del parlamento europeo Tajani e il primo ministro May a Londra, per discutere dei temi negoziali.
Ricordiamo altresì che il Consiglio Europeo delibererà in via definitiva sulle linee guida dei negoziati di Brexit la settimana successiva, in occasione del vertice straordinario del 29 aprile, e che da quel momento in poi le discussioni entreranno nel vivo. L’UE ha già reso noto di non voler compiere passi indietro circa la penale di uscita che il Regno Unito dovrebbe pagare (circa 60 miliardi di euro) e sui diritti acquisiti dei cittadini UE residenti nel Paese.
Concludiamo infine ricordando che lo yen – contrariamente ad altre valute – non è scesa sul generalizzato recupero del dollaro. Qui a pesare è il clima di crescente risk aversion, che dovrebbe condurre ancora qualche beneficio alla forza della valuta giapponese.
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