Così come l’euro, anche la sterlina ha chiuso la scorsa settimana con un saldo negativo, sebbene più modesto rispetto alla valuta unica europea, nei confronti della quale si è mantenuta pressoché stabile. Il merito – se così si può dire – è del fatto che la riunione Bank of England di giovedì scorso si è conclusa positivamente per la sterlina, poiché a fronte di un ritocco marginale verso il basso per la crescita economica e verso l’alto per l’inflazione per il 2017, l’attesissimo Inflation Report ha rivisto al rialzo la crescita attesa per il prossimo biennio e al ribasso quella per l’inflazione, andando a tratteggiare uno scenario sicuramente positivo per l’economia britannica, alla luce dei rischi Brexit.
Proprio in tal merito, ricordiamo come le tensioni sul fronte Brexit non si stiano affatto placando, e che il “ministro per la Brexit” David Davis abbia pubblicamente ricordato come l’exit bill (cioè la penale che Londra dovrebbe pagare nei confronti di Bruxelles) e la questione dei confini con l’Irlanda debbano essere affrontati solamente nell’ambito dell’accordo finale, e non possono invece essere preliminari all’apertura dei negoziati sulle relazioni commerciali post-uscita, come invece vuole l’Unione Europea.
Tuttavia, nel breve termine è molto probabile che i toni dello scontro rimangano piuttosto alti, almeno da parte del governo May. L’attuale premier necessita infatti di una prova di forza in vista del clou della campagna elettorale, e del successivo voto dell’8 giugno.
Ancora più sul breve termine, un occhio di attenzione sarà certamente mostrato nei confronti del calendario macroeconomico, con i dati di questa settimana che potrebbero fornire una buona prova di resistenza: focus dunque sui dati di inflazione in uscita domani, quelli sul lavoro in uscita mercoledì, quelli delle vendite al dettaglio in uscita giovedì.
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