Nonostante rimanga più di un’incertezza sui termini dell’accordo – come ad esempio da dove verranno i fondi, se gli obbligazionisti saranno costretti a condividerne il peso, e se alle banche sarà permesso di pagare cedole condizionali sulle passività subordinate – in generale nel breve termine la decisione è positiva per le banche spagnole. L’iniezione di liquidità allontana la minaccia di una bancarotta causata dalle grandi perdite immobiliari nel breve periodo e aiuta queste istituzioni a raggiungere i requisiti di capitale necessari a soddisfare i parametri internazionali. Ma questo non diminuisce la necessità di operare vaste riforme al sistema finanziario del Paese. Poiché l’entità che riceve gli aiuti è parte del governo spagnolo, il salvataggio aggiungerà ulteriore pressione alla già esistente pressione sulle finanze pubbliche. Le banche spagnole richiederanno tutti i €100 miliardi stanziati dalla UE e questa cifra, pari a circa il 10% del PIL spagnolo, determinerà entro la fine dell’anno una crescita di circa l’85-90% del suo rapporto debito/PIL (dal 68.5% alla fine del 2011). Il governo spagnolo continua a sottostimare la dimensione dei problemi che ha di fronte – tanto che le sue previsioni sul deficit di bilancio nazionale per il 2013 è pari a circa la metà di quanto previsto dalla Commissione Europea – e questo probabilmente mina ulteriormente la fiducia degli investitori nel Paese. Dato il rapporto sempre più diretto tra banche della zona euro e relativi titoli di Stato, se la fiducia nei titoli di Stato cala ancora, si aggiungerà ulteriore pressione alle banche della regione. E questo non è affatto un equilibrio stabile.
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