Si è parlato molto della proposta di trasformare l’attuale Fondo Salva-Stati – EFSF European Financial Stability Facility – in un “assicuratore monolinea” del debito sovrano, con una nuova struttura denominata European Sovereign Insurance Mechanism (ESIM).
Come si pensa che lavorerà dunque l’ESIM? Non sono stati annunciati dettagli concreti, ma l’intento principale della proposta è far sì che l’EFSF (e di conseguenza il fondo di salvataggio europeo ESM European Stability Mechanism) agisca quale assicurazione per le obbligazioni governative per nuovi finanziamenti e offerte di scambio. Rassicurati dal fatto che l’ESIM assumerebbe la prima parte di perdite, pari al 40%, in caso di ristrutturazioni, gli investitori sarebbero propensi ad acquistare nuovo debito greco, portoghese e irlandese o, più probabilmente, scambiare i titoli di stato in possesso con nuove obbligazioni governative assicurate a un livello compreso tra il prezzo di mercato del momento e il loro valore nominale.
In uno scenario molto ottimista in cui gli investitori richiedono una copertura assicurativa minore (25%) per Italia e Spagna, Allianz stima che il rapporto di indebitamento dell’EFSF sui 440 miliardi di euro attualmente impegnati potrebbe essere aumentato di 3,7 volte.
Questa è la teoria, ma perché l’ESIM nella pratica non funzionerebbe?
Per prima cosa, concettualmente, l’idea di un’assicurazione sulle obbligazioni non ha goduto di riscontri storici propriamente positivi: ci ricordiamo tutti del caso degli assicuratori monolinea, di Fannie Mae/Freddie Mac, di AIG (US0268741073), e tanti altri. Il problema fondamentale sarebbe convincere gli investitori che saranno davvero in grado di esigere la polizza assicurativa fornita dal Fondo Salva Stati, dall’ESIM, o dall’ESM nel momento in cui ne avranno effettivamente bisogno.
Così come per le obbligazioni garantite dagli assicuratori monolinea, gli investitori devono sentirsi sicuri sin dall’inizio rispetto all’emittente sottostante. Questo potrebbe rappresentare un problema, considerando che il Fondo Salva Stati è un’azienda privata con sede in Lussemburgo il cui mandato e la cui strategia cambiano continuamente. Inoltre potrebbe non esistere più nella forma che conosciamo oggi dopo l’introduzione del Fondo di Stabilità Europeo previsto nel 2012/2013 – e se anche esistesse ancora potrebbe essere subordinato all’ESM e ad altri creditori multilaterali – che avrebbe comunque poca liquidità e dovrebbe andare a reclamare i contributi a ciascuno Stato membro in base alle clausole di garanzia.
Avanzare rivendicazioni non è mai semplice, con nessuna polizza assicurativa, e in modo particolare quando gli investitori – come in questo caso – sono molto frammentati e con incentivi molto diversi. La documentazione delle obbligazioni (e in particolare gli articoli relativi all’associazione del fondo Salva Stati a cui fa riferimento), possono facilmente essere modificati per un capriccio politico, ed è molto improbabile che la documentazione fornisca esplicitamente agli investitori alcun diritto realmente perseguibile nei confronti dell’EFSF/ESIM o dei garanti.
Esiste inoltre il problema della correlazione. I rischi che sia l’emittente sia il garante (e i garanti finali cioè gli Stati) falliscano nello stesso momento sono fortemente correlati. Gli investitori non non confiderebbero molto nel fatto che la Spagna avrebbe la volontà o la capacità di onorare le garanzie fornite al Fondo Salva Stati, in uno scenario di default come potrebbe essere quello dell’Italia.
Entrare nel meccanismo dell’ESIM e fissare il livello di assicurazione richiesto sono operazioni cariche di problemi in quello che sarà certamente l’inizio di un lungo periodo di necessaria ristrutturazione degli Stati, come potrebbe essere acquistare un’assicurazione sugli immobili senza avere una valutazione della propria casa. Considerando che le obbligazioni greche a lunga scadenza vengono scambiate a 30 centesimi l’euro – implicando quindi una svalutazione del 70% – una quota assicurativa del 40% sarebbe sufficiente per la Grecia in caso di haircut? E un 40% sarebbe sufficiente per l’Italia? Data la mancanza di dettagli concreti è impossibile verificare i calcoli o le ipotesi alla base dei livelli di debito dichiarati, in particolare considerando che la proposta messa a punto da Allianz non riguarda necessariamente una copertura primo rischio, come si è detto, ma potenzialmente una copertura secondo rischio..
Allianz sostiene che i vari fondi europei – siano il Fondo Salva Stati, l’ESIM o l’ESM – sarebbe un potente creditore di controllo, con la capacità di rafforzare la ristrutturazione programmata negli Stati e di monitorare i progressi rispetto ai target di budget, e così via.
Tuttavia, ciò costituisce in sé stessa una proposta allarmante per chi ricorda i modi in cui gli assicuratori monolinea hanno abusato della propria posizione quali creditori di controllo nelle transazioni assicurate. Gli investitori potrebbero facilmente trovarsi con la propria intera esposizione subordinata ai voleri o ai voti dell’EFSF e/o dei suoi maggiori garanti, come ad esempio la Germania.
La creazione di una nuova classe di debito parzialmente assicurato per ciascun Paese implicherebbe numerosi livelli di debito sovrano in circolazione contemporaneamente (mentre finiscono le precedenti obbligazioni superstiti), rendendo le conseguenti ristrutturazioni molto difficili.
Infine, il principale presunto beneficio dell’ESIM sarebbe la strap line che non richiede liquidità per finanziarla. Tuttavia, questa è anche la sua debolezza, poiché mancherà comunque della forza necessaria nel gestire i problemi di liquidità incontrati da un singolo Stato. Se gli investitori rifiutano per qualsiasi motivo di comprare un titolo di Stato, come accaduto recentemente, anche con un accordo di parziale condivisione delle perdite, sarà di nuovo richiesta un’azione della Banca Centrale Europea o eventualmente dell’FMI, i quali hanno accesso a liquidi per intervenire e fornire la liquidità necessaria per rifinanziare le emissioni in scadenza. Secondo le proposte avanzate dall’UE di armonizzazione dei debiti sovrani, tuttavia, la BCE sarà in grado di esercitare appieno il ruolo di creditore con diritto di voto in ciascuna successiva ristrutturazione: ciò implicherebbe che in questo scenario gli investitori esistenti possono aspettarsi di trovarsi in posizione di minoranza rispetto a chi fornirà liquidità per la salvezza, i cui incentivi saranno di minimizzare le perdite dei maggiori azionisti che controllano la BCE (a partire dalla Germania).
Quindi l’idea che un polizza di assicurazione sul debito sovrano fornita dallo stesso gruppo di Stati sotto pressione (o, nella migliore delle ipotesi, da un gruppo collegato) possa “rassicurare il mercato” sembra grottesca. Se i mercati credono che questa proposta sia una soluzione alla crisi del debito sovrano della zona euro, c’è motivo di disappunto.
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