L’impatto del debito sovrano sul mercato dei corporate bond

I buoni risultati trimestrali, le basse aspettative inflazionistiche e la previsione che la Banca Centrale Europea manterrà bassi i tassi d’interesse ancora a lungo per supportare la ripresa economica, hanno fatto sì che la domanda di corporate bond restasse abbastanza forte in Europa.

Questo non significa che i mercati delle obbligazioni corporate europee non siano stati intaccati. I titoli che hanno maggiormente risentito delle preoccupazioni per il debito sovrano sono stati, senza sorpresa, quelli delle aziende greche e portoghesi, i cui utili provengono principalmente da attività domestiche. Mi sembra chiaro che queste aziende continueranno a subire le pressioni del mercato per l’incertezza sugli utili, l’innalzamento delle tasse e le continue speculazioni sull’uscita di alcune nazioni dall’Euro. Tutto questo potrebbe riflettersi in un allargamento degli spread dei corporate bond greci e portoghesi rispetto agli equivalenti titoli governativi privi di rischio (attualmente i bund tedeschi). Alcuni investitori hanno cercato di proteggere i propri capitali utilizzando i credit default swap (CDS), aumentando però così la pressione sui titoli corporate sottostanti. I CDS sono considerati il primo campanello d’allarme per i mercati obbligazionari, che allerta gli investitori sulla debolezza strutturale prima che scoppi la crisi.

È interessante notare che la forte correlazione, che esisteva tra le preoccupazioni per il debito sovrano e i mercati dei corporate bond, sembra essersi infranta. L’indice europeo Itraxx, che misura l’affidabilità del credito europeo investment grade, si è ristretto da settembre 2009, in contrasto con i Paesi periferici, dove gli spread dei CDS hanno avuto una forte correlazione con i CDS greci. Dopo la crisi finanziaria del 2008 fino a settembre 2009, gli spread dei CDS sul credito investment grade e sovrano erano fortemente correlati. Perché il rischio di una crisi del debito sovrano non sta avendo lo stesso impatto sul mercato europeo dei corporate bond che aveva tra settembre 2008 e settembre 2009?

Secondo me, le motivazioni sono diverse. In primo luogo, a differenza degli Stati europei, le aziende hanno ridotto il ricorso alla leva finanziaria durante la recessione, tagliando i costi, liberando o mettendo in liquidazione alcuni asset, e aumentando il capitale azionario per ridurre il debito; in secondo luogo, a differenza degli Stati europei, le aziende hanno sfruttato le condizioni di mercato favorevoli per estendere i propri profili di debito; terzo, sempre a differenza dei propri Stati, molte società sono ricche di liquidità; quarto, ancora a differenza dei propri Stati, molte aziende di elevata qualità non sono state colpite dall’incertezza politica.

Per queste considerazioni, non mi sorprende che i corporate bond europei di elevata qualità siano rimasti fino ad ora separati dalle preoccupazioni che riguardano i mercati sovrani. Il mondo corporate parte da una posizione di vantaggio, poiché molte aziende hanno adottato le azioni necessarie per migliorare i propri bilanci e i conti operativi. Gli standard delle operazioni di credito stanno migliorando in maniera positiva per l’asset class e i tassi di default potrebbero aver raggiunto un picco molto inferiore alle aspettative del mercato. I rendimenti dei corporate bond restano vantaggiosi, specialmente se paragonati alla liquidità.

D’altro canto, i governi dei Paesi periferici europei stanno cercando di stimolare la debole crescita economica, e per questo sono costretti ad aumentare sempre di più il proprio indebitamento. L’aumento dei rendimenti dei titoli di stato sta rendendo difficile il prestito e causando il notevole aumento dei costi di servizio del debito, come ha potuto sperimentare la Grecia. Le tensioni politiche stanno salendo, in particolare nei Paesi dove sono necessarie misure d’austerità. Di certo, quando gli economisti della Bank of International Settlements iniziano a scrivere cose come queste: “le conseguenze della crisi finanziaria stanno per portare i già caldi problemi fiscali delle economie industrializzate al punto di ebollizione”, è giunto il momento di fermarsi e fare attenzione.

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