Negli ultimi sei mesi abbiamo assistito a un generale miglioramento della stabilità finanziaria, ma rimangono ancora molti elementi di vulnerabilità e molte sfide da affrontare. Si stima che per i Paesi sviluppati il più grande rischio nel medio termine sia la situazione fiscale di Stati Uniti e Giappone. In particolare gli Stati Uniti non mostrano una grande determinazione a ridurre il proprio deficit fiscale e l’indebitamento pubblico. Il debito lordo del governo statunitense si sta avvicinando a un preoccupante 100% e di questo, circa il 43% della spese governative è finanziato da prestiti, e ad oggi i partiti politici stanno ancora facendo battaglia per arrivare a concordare il giusto corso dell’azione governativa. Alcuni gruppi con interessi particolari stanno acquisendo via via maggior peso politico, rendendo più difficoltose azioni come l’aumento delle tasse o la riduzione della spesa pubblica. L’aumento del debito pubblico significa che Stati Uniti e Giappone stanno diventando sempre più vulnerabili a uno shock dei tassi d’interesse, con gli Stati Uniti che hanno un costo di finanziamento del debito vicino al 10% delle entrate dalle tasse, un livello che come Moody’s ha precedentemente suggerito metterebbe a rischio il rating sul credito degli Stati Uniti. All’aumento dei livelli di debito, c’è il pericolo che sia sufficiente un sempre minore aumento nel rendimento dei bond prima che i costi degli interessi sul debito raggiungano il 20% delle entrate dalla tassazione; negli Stati Uniti questo avviene quando il costo di finanziamento medio è al di sopra del 6%, ma in Giappone questo valore è arrivato a scendere a poco al di sopra del 4%. Gli Stati Uniti si stanno sempre più avvicinando a un baratro e stanno mettendo alla prova il punto di rottura nella fiducia degli investitori.
Non sorprende il fatto che uno dei rischi maggiori nel breve termine sia la crisi del debito nei Paesi della zona euro, dove i costi di finanziamento devono essere ridotti ed è necessaria maggiore chiarezza sul sostegno che darebbe l’EFSF/ESM e su quale sarà il meccanismo di ristrutturazione del debito. Quest’ultimo tema è particolarmente urgente, considerato che la determinazione verso ulteriori misure di austerità e salvataggi sta probabilmente venendo meno, come dimostra il risultato delle recenti elezioni finlandesi. In termini di probabilità di ristrutturazione del debito sovrano, un interessante argomento di dibattito è che se i mercati cominciano a considerare la Spagna al sicuro e gli spread sui titoli di stato spagnoli si restringono, allora aumenterebbero veramente le probabilità di una ristrutturazione del debito in Grecia, dal momento che le autorità giudicherebbero molto improbabile che una ristrutturazione in Grecia potrebbe risultare in una “Lehman Europea”. Tuttavia, se l’affidabilità del credito sovrano spagnolo viene messa sotto pressione, allora le probabilità che avvenga una ristrutturazione greca diminuirebbero drasticamente, dal momento che il rischio contagio dalla Grecia ad altri stati sovrani sarebbe considerato troppo grande (per essere affrontato).
Non sono solo i governi che si stanno adoperando per ridurre la leva. Anche le famiglie hanno bisogno di ridurre il proprio debito: l’indebitamento dai mutui arriva al 75% sul totale del debito delle famiglie americane, debito questo che costituisce già il 91% del PIL degli Stati Uniti. Il debito delle famiglie britanniche è di fatto ancora più alto e rappresenta il 107% del PIL del Regno Unito. Sono necessarie più svalutazioni di capitale da parte delle banche, e l’enorme debito incombente mette di fronte al rischio di ulteriori ribassi del mercato immobiliare.
Infine, parlando di mercati emergenti, si sono registrati forti flussi di capitale, cosa che porta con sé la necessità di una serie di difficili decisioni politiche per un gran numero di Paesi emergenti. Alcune nazioni – vale a dire Cina, India e Turchia, ma anche alcuni Paesi dell’America Latina – stanno sperimentando una preoccupante crescita dei tassi relativi al credito privato, e le autorità devono permettere alle proprie valute di apprezzarsi per prevenire un surriscaldamento e la formazione di squilibri finanziari. Anche se i mercati emergenti non sembrano sul punto di scoppiare, ci sono segnali che mostrano lo sviluppo di bolle.
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