
Confindustria avverte che la recessione ha intaccato fortemente il potenziale di crescita. Il PIL italiano è calato del 9,1% rispetto al picco del 2007.
L'Italia uscirà dalla crisi solo se realizzerà importanti riforme strutturali. Lo afferma il Centro studi di Confidustria (CsC).

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Il CsC indica in una nota che il PIL italiano è calato del 9,1% rispetto al picco pre-crisi toccato nel 2007. Secondo il CsC metà di questa riduzione non verrà recuperata prima del 2019 e per l'altra metà la perdita sarà ancora più persistente.
Il CsC spiega che la recessione ha intaccato fortemente il potenziale di crescita, abbassandolo dall'1,1% a meno di mezzo punto percentuale nel medio termine. "Rispetto alle traiettorie già modeste del decennio 1997-2007, il livello del PiIL potenziale è più basso del 12,6%, in altre parole sono andati bruciati oltre 200 miliardi di euro di reddito a prezzi 2013, quasi 3.500 euro per abitante".
Il CsC ritiene quindi che solo con incisivi interventi strutturali si potrà recuperare il terreno perduto. Sarebbero necessarie riforme che aumentino le quantità e la qualità degli investimenti e della forza lavoro e "consentano un'efficiente e rapida riallocazione delle risorse verso gli impieghi più produttivi".
Il CsC avverte che l'FMI ha stimato che in assenza di riforme vigorose il tasso di crescita del PIL potenziale dell'Italia sarà ancora nel 2018 di appena +0,5%.