CISL: Cassa integrazione in aumento, oltre 220mila posti a rischio

Oltre 220mila lavoratori rischiano di perdere il posto di lavoro. Lo denuncia la CISL.

Nell’Osservatorio Mensile CIG e Occupazione si legge che da un’elaborazione sui dati Inps, che tiene conto del tiraggio verificatosi nel 2013 e che esclude le persone collocate in cassa integrazione ordinaria, considerando quindi i soli lavoratori equivalenti coinvolti in cassa straordinaria e in deroga che possono più facilmente preludere ad una perdita del posto di lavoro, i lavoratori equivalenti a rischio di perdita del lavoro sono 223.165, un numero in aumento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (199.987).

La CISL avverte che la dinamica della cassa integrazione nel primo trimestre 2014 è stata di nuovo crescente ed ha toccato la soglia dei 100 milioni di ore autorizzate nel mese di marzo (+2,1% rispetto a marzo 2013 e +2,4% rispetto a febbraio).

L’aumento è stato ancora dovuto agli interventi di cassa integrazione straordinaria e in deroga, cresciute rispettivamente del 14,9% e del 12,6% a confronto con i valori di marzo 2013, mentre le ore di cassa integrazione ordinaria sono diminuite del 20%, riduzione imputabile quasi completamente al settore industria.

Nel complesso sono circa 500.000 i corrispondenti lavoratori equivalenti a tempo pieno che sono stati mediamente in cassa nel primo trimestre 2014. La CISL indica tuttavia che in concreto il numero è più elevato, considerando che una parte dei lavoratori in cig ha un contratto part-time e che la cassa integrazione non sempre è a zero ore.

Peggiora il quadro occupazionale

Contemporaneamente – aggiunge la CISL – i dati Istat sull’occupazione riferiti all’ultimo trimestre 2013 offrono un quadro in continuo peggioramento. A fronte di un ritmo meno accentuato di perdita di occupati nell’industria, l’edilizia perde in un anno il 5,6 % di occupati, ed il terziario mostra significative riduzioni, anche in aree dove l’occupazione fino a qualche tempo fa cresceva, come i servizi alla persona.

La CISL osserva che è particolarmente inquietante il segnale che viene dall’analisi dell’occupazione per tipologia. Continua infatti da un anno la riduzione dei dipendenti a termine (-6,6% in un anno), portando la loro quota sul totale degli occupati al 9,9% dal 10,4% di un anno prima. Così come prosegue sostenuto il calo dei collaboratori (-13,3%).

Senza una ripresa economica le assunzioni non sono trainate neppure dai contratti
flessibili. Solo i rapporti part-time crescono, ma senza compensare affatto il calo dei
rapporti a tempo pieno. Si tratta probabilmente di forme di part-time difensive per evitare licenziamenti.

Cosa chiede la CISL al Governo

In questo contesto la CISL apprezza che il Governo abbia messo al centro della sua azione il lavoro, ma contemporaneamente ma avverte che modificare le regole del lavoro non è di per sé sufficiente a creare occupazione aggiuntiva.

La CISL si attende effetti positivi sui consumi dal prossimo alleggerimento dell’Irpef in busta paga ma crede che servano anche misure per bloccare il processo di deindustrializzazione e di contrazione degli investimenti con politiche di sostegno ai
settori industriali emergenti ed ai programmi di ricerca ed innovazione risolvendo definitivamente alcune criticità di contesto come il costo dell’energia, le dotazioni
infrastrutturali, il costo del denaro alle famiglie ed alle imprese.

La CISL chiede quindi di assegnare immediatamente le risorse già disponibili per gli ammortizzatori in deroga, pari ad un miliardo. Non si potrebbe, infatti, restringere le indennità di sostegno al reddito nel bel mezzo di una crisi così profonda.

La CISL chiede inoltre al Governo di ricercare le coperture per poter procedere a coprire le richieste per l’intero anno. La cassa in deroga, infatti, resterebbe, ad oggi, l’unico strumento in grado di fornire risposte immediate ad imprese e lavoratori in tutti i settori ed i territori, in attesa di poterlo sostituire con strumenti più adeguati.

La CISL ribadisce infine che il sostegno al reddito non può essere sganciato da una tutela in forma di servizi alla riqualificazione e ricollocazione.

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