L’Italia è uscita definitivamente dalla recessione. Lo afferma l’Abi (Associazione Bancaria Italiana).
Nel rapporto Afo, elaborato insieme agli economisti degli Uffici studi delle principali banche del Paese, la crescita del Pil quest’anno è stimata allo 0,7% e nel biennio 2016-17 all’1,6% annuo.
La domanda interna spingerà la ripresa
Il rapporto conferma che il peggio della crisi è passato e “delinea un quadro che non ignora le difficoltà” ma è “a predominanti tinte rosa”. La domanda interna darà un importante contributo alla ripresa economica.
I consumi dovrebbero beneficiare in particolare della risalita del reddito disponibile reale (+0,9 in media nel triennio di previsione contro una contrazione pari al -1,5% medio annuo dal 2008 al 2014) alimentata dal miglioramento dell’occupazione e da un consolidamento della fiducia delle famiglie.
Gli investimenti dovrebbero inoltre reagire positivamente alle prospettive di ripresa divenendone nel biennio finale della previsione il fattore trainante. Sul profilo di entrambe le componenti della domanda interna oltre ai fattori nazionali eserciterà effetti benefici l’espansiva politica monetaria della BCE.
Anche l’inflazione tornerà a crescere
La ripresa della domanda – si legge ancora nel rapporto – riuscirà ad allontanare definitivamente i rischi di deflazione, con una crescita dei prezzi al consumo in Italia che sarà inferiore a quella europea (1,3% contro 1,7% nella media del biennio 2016-17) ma ben distante dai valori negativi conosciuti a inizio d’anno”. Lo scenario di base sull‘inflazione indica +0,4% nel 2015, +1,1% nel 2016 e +1,6% nel 2017.
La redditività delle banche resterà bassa
Nonostante il miglioramento delle condizioni dell’economia la redditività bancaria continuerà ad essere bassa. Nel rapporto si prevede che gli utili netti delle banche ammonteranno a fine 2017 a poco più di 10 miliardi di euro, valore corrispondente ad un ritorno sul capitale (Roe) del 2,6%, di oltre tre volte inferiore ai livelli pre-crisi.
A rallentare il recupero della redditività concorre una non elevata crescita dei ricavi – soprattutto del margine di interesse frenato dal basso livello dei rendimenti di mercato – e un peso del rischio bancario che risente sia di un lento rientro delle sofferenze sia della pressione derivante dal nuovo quadro regolamentare e di supervisione.
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