Nonostante il tasso di disoccupazione sia negli ultimi mesi calato, l’Italia continua a registrare dei ritardi occupazionali molto preoccupanti. Lo afferma la CGIA di Mestre.
Da una ricerca effettuata dall’Ufficio studi dell’associazione delle piccole imprese emerge che tra i 28 paesi dell’Unione europea solo la Croazia (55,8 per cento) e la Grecia (50,8 per cento) presentano un tasso di occupazione più basso del nostro (56,3 per cento).
L’importanza del tasso di occupazione
Questo tasso è ottenuto rapportando il numero degli occupati presenti in un determinato territorio e la popolazione in età lavorativa tra i 15 e i 64 anni. In buona sostanza, l’indicatore consente di misurare il livello di occupazione presente in una nazione. Al netto di disoccupati, scoraggiati e inattivi emerge che in Italia la platea degli occupati registra un gap di 17,7 punti percentuali con la Germania, di 16,4 punti con il Regno Unito e di 7,9 punti con la Francia. Dal confronto con il tasso di occupazione medio dell’Unione europea il nostro paese sconta un differenziale di 9,3 punti percentuali.
“Quando analizziamo i dati riferiti al mercato del lavoro – spiega il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo – l’attenzione è quasi sempre rivolta all’andamento del tasso di disoccupazione. In realtà il tasso di occupazione è più importante, perché lega questo indice a doppio filo con il livello di produzione di ricchezza di un’area. In altre parole, tra il numero di occupati e la ricchezza prodotta in un determinato territorio c’è un rapporto diretto. Al crescere dell’uno, aumenta anche l’altra”.
Il Sud ha meno occupati della Grecia
A livello territoriale è il Sud a presentare le maggiori difficoltà. Quasi tutte le regioni registrano un tasso di occupazione inferiore addirittura a quello greco: la Sardegna, ad esempio, presenta 0,7 punti percentuali in meno rispetto al dato medio di Atene, il Molise 1,4, la Basilicata 1,6, la Puglia 7,5, la Sicilia 10,8, la Campania 11,2 e la Calabria 11,9.
“Per ridare slancio all’occupazione – afferma il segretario della CGIA Renato Mason – dobbiamo tornare a investire, visto che negli ultimi 8 anni questo indicatore ha subito una caduta verticale di quasi 30 punti percentuali. Altrimenti, c’è il pericolo che il nostro paese perda la sfida dell’innovazione, della ricerca, della competitività e scivoli in una stagnazione economica senza vie d’uscita”.
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