Le elezioni americane del 2 novembre prossimo, tanto attese e tanto temute, obbligheranno molti operatori a dover effettuare delle scelte strategiche riguardo i loro portafogli per cercare di cogliere occasioni o tendenze che andranno a delinearsi nel prossimo futuro. Il tema in sostanza è su quali possano essere i “titoli di Kerry” e quali i “titoli di Bush“. E’ bene premettere che la questione non deve essere trattata come una strategia da seguire assolutamente ma può aiutare gli investitori a mettere più a fuoco alcuni aspetti dei programmi dei due candidati che potrebbero venir considerati nell’ambito delle loro scelte sui mercati.
Quali, quindi, i settori che potrebbero beneficiare di un’elezione del democratico Kerry? Molti analisti ritengono che l’attenzione debba concentrarsi su settori innovativi e sui titoli legati al mondo dei Media e dell’entertainment. Quindi, a nostro parere, oltre a “tutto ciò che fa spettacolo”, le energie alternative, le nanotecnologie e tutto il settore legato ai sistemi di sicurezza e screening, settore peraltro giì in luce in articoli pubblicati da questo sito di recente.
Cosa prediligere invece nel caso in cui venisse confermato Bush ? In questo caso le indicazioni potrebbero essere più facili visto che è il Presidente in carica e punteremmo decisamente sulle grandi societì in grado di distribuire utili, più che altro per il piano di tagli fiscali proposto dal Presidente, sulle societì energetiche di stampo classico e sulle societì impegnate con i materiali di base come il settore chimico e quelle più delicate dal punto di vista della sostenibilitì ambientale.
Allargando la questione a cosa sia meglio per le Borse, vi è da dire a favore del democratico che una statistica recentemente elaborata da un’universitì americana mostra come, storicamente, i più forti rialzi di Borsa e i periodi più lunghi di stabilitì dei tassi d’interesse si siano avuti durante le presidenze democratiche anche se sono sempre stati i repubblicani a fare il pieno dei consensi tra coloro che si occupano di finanza. “Last, but not least”, anche gli investitori in titoli di stato americani guardano con un certo favore Kerry sperando in un allentamento della tensione tra gli USA ed i maggiori partners, soprattutto europei, e sperando in una gestione più oculata e parsimoniosa del budget federale.
A sfavore di Kerry, tuttavia, gioca il fattore “anatra zoppa” e cioè il fatto che con tutta probabilitì sia il Senato che la Camera dei Rappresentanti saranno a maggioranza repubblicana, circostanza che limiterì molto la possibilitì di intraprendere il piano di riforme economiche e fiscali proposto dal senatore del Massachusetts (in particolare la riforma dell’health care) così come accadde per Clinton durante il primo mandato presidenziale.
Forse, proprio per questi motivi, per il fatto che nessuno prevede virate particolarmente decise per il gigante americano, escludendo il grande tema della guerra in Iraq, il mondo dei “decision makers” si è potuto tanto dividere questa volta registrando adesioni alla campagna di Kerry da parte di personaggi insospettabili come il famoso finanziere Gorge Soros o consensi più “classici” ed attesi come quelli entusiasticamente ricevuti dal New York Times, dal Washington Post e da quasi tutto il mondo di Hollywood.
In linea generale, quindi, la Borsa americana, per ciò che gli compete, attende con un “sentiment” tutto sommato neutrale l’esito dello scontro del 2 novembre.
Vedi gli altri articoli del nostro report:
Bush vs. Kerry (2): I titoli di Bush
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