Petrolio di scisto, i predatori di tesori nascosti

Un laptop mostra un grafico

Dalla Newsletter di Borsainside dell’11.03.2013:

Gli scisti bituminosi sono uno dei temi che ha richiamato negli ultimi tempi maggiormente l’attenzione di chi si interessa al settore energetico. La stampa e di conseguenza gli investitori si sono concentrati finora soprattutto sul potenziale del gas di scisto. Che il petrolio di scisto non va trascurato lo mostra la recente scoperta di un enorme giacimento in Australia. Alla fine di gennaio Linc Energy (AU000000LNC9) ha comunicato che le sue trivellazioni ed indagini sismiche hanno rivelato che nel bacino di Arckaringa, nel sud del Paese, potrebbero trovarsi riserve fino a 233 miliardi di barili di greggio. Il gruppo petrolifero australiano ha annunciato di aver già incaricato Barclays Bank di trovare un partner esperto nei progetti degli scisti bituminosi per sfruttare il giacimento. Tom Koutsantonis, il ministro delle Risorse minerarie dello Stato del South Australia, ha dichiarato che la scoperta nel bacino di Arckaringa potrebbe permettere all’Australia non solo di raggiungere l’autosufficienza energetica ma di diventare anche un esportatore netto di petrolio. Le riserve contenute nell’area potrebbero avere un valore di AUD 20 bilioni (circa 15,8 bilioni di euro). Koutsantonis ha però avvertito che non è ancora chiaro se sia economicamente vantaggioso sfruttare il giacimento. E qui siamo al problema che hanno anche gli investitori. Le esperienze fatte nel gas di scisto hanno mostrato che le stime per tali giacimenti, cosi’ difficili da esplorare, sono state successivamente ridotte anche del 90%. Chi vuole investire negli scisti bituminosi va quindi incontro a degli elevati rischi. Puntare sul successo delle attività di esplorazione e ricerca assomiglia piuttosto a un gioco d’azzardo. L’andamento dei titoli delle compagnie petrolifere viene inoltre fortemente influenzato dai prezzi del petrolio che sono spesso spinti dalla speculazione.
Più sensato è un investimento nei fornitori di servizi e strumenti per il settore energetico, in particolare in quelli attivi nel segmento high-end, che forniscono dunque infrastrutture per giacimenti difficilmente sfruttabili come quelli di petrolio di scisto. Tra questi citiamo Schoeller-Bleckmann Oilfield Equipment (AT0000946652). Grazie alla forte domanda i risultati del gruppo austriaco hanno raggiunto nel 2012 dei livelli record. I ricavi sono aumentati del 25,8% a €514 milioni. L’Ebit è balzato del 40,7% a €78,2 milioni. Il titolo gode di un’elevata considerazione presso la comunità finanziaria. All’inizio di febbraio il gigante statunitense Massachusetts Mutual Life Insurance ha comunicato di aver acquistato attraverso alcune sussidiarie più del 4% di Schoeller-Bleckmann Oilfield Equipment. Nonostante i guadagni dello scorso anno il titolo quota ancora a sconto rispetto all’intero comparto, allo stesso tempo il rendimento da dividendo è decisamente più elevato della media settoriale. Anche C & J Energy Services (US12467B3042) si è specializzata nel segmento high-end. La compagnia con sede a Houston beneficia sensibilmente del boom dello scisto negli USA. L’utile netto è aumentato negli ultimi tre anni da $32 milioni nel 2010 a $182 milioni nel 2012, ovvero del 470%. Gli analisti si attendono per i prossimi cinque anni una crescita media annua dell’utile per azione del 20%, nettamente superiore a quella dell’intero settore pari a +13,8%. Il titolo presenta una bassa valutazione ma è piuttosto volatile. Segnaliamo infine Bourbon (FR0004548873). La compagnia francese offre principalmente servizi marittimi all’industria petrolifera. I ricavi e l’utile operativo sono aumentati lo scorso anno rispettiamente del 18% e dell’89%. Bourbon ha di recente annunciato di voler vendere 80-85 navi (su una flotta composta da 550 unita’) per un valore di €2,5 miliardi. L’operazione dovrebbe tranquillizzare il mercato sul livello di indebitamento della compagnia. Il settore offshore offre delle ottime opportunità operative. Oltre a ciò Bourbon presenta un rapporto P/B pari a 1 e un rendimento da dividendo di quasi il 4%. La bassa valutazione e l’elevato flottante fanno di Bourbon anche un potenziale obiettivo di takeover.

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