I mercati obbligazionari hanno reagito con forti sell-off all’annuncio del presidente della Fed Bernanke del 22 maggio. Anche se credo ci possa essere un po’ di riduzione nel quantitative easing americano nel 2014, ritengo che i mercati abbiano sbagliato reazione non solo anticipando un tapering nel brevissimo periodo, ma anche prezzando un anticipo nell’aumento dei tassi dalla seconda metà del 2015 all’inizio del 2014. I mercati hanno cominciato a prezzare aumenti multipli dei tassi di interesse fino al 2016, cosa che ritengo sia improbabile; alla luce di questo ritengo che il sell-off di 100 punti base nei rendimenti dei governativi USA sia stata una reazione eccessiva, e che abbia creato l’opportunità di aggiungere della duration e del rischio credito al portafoglio. Anche se rimango dell’idea che negli Stati Uniti sia in atto una ripresa economica via via più forte, ci sono in gioco dei fattori da prendere in considerazione che impediranno alla Fed un rialzo dei tassi nel breve termine.
Sostegno al settore immobiliare: In primo luogo, i politici non vogliono affondare il rimbalzo del mercato immobiliare USA che è cruciale per aiutare la ripresa dell’economia nazionale. La Fed con il suo ultimo programma di acquisto asset si è rivolta in particolare al mercato dei mutui. Con il graduale ritorno a dinamiche più positive di domanda/offerta, la ripresa dell’edilizia USA ha un enorme effetto moltiplicatore sull’economia e in particolare aiuta ad abbassare il livello di disoccupazione. Tuttavia, preoccupa che il sell-off dei mercati obbligazionari abbia alimentato più alti tassi di interesse sui mutui Usa. Sono certo che le implicazioni negative per le domande di mutuo e per l’accessibilità ai finanziamenti saranno oggetto di stretto monitoraggio per la Fed. Di conseguenza, credo che la Fed non consentirà ulteriori spinte al rialzo sui mutui.
Occhio alla disinflazione: Inoltre, ci sono molti segnali di disinflazione nell’economia USA che riducono ulteriormente la probabilità di rialzi nei tassi. Al momento tutti i parametri che misurano i prezzi al consumo sono intorno o al di sotto dell’1,5%, in linea con la caduta dei prezzi delle materie prime. Rispetto a questi numeri, il target di inflazione della Fed è ancora al 2%.
Mercati emergenti: Rimango pessimista sui mercati emergenti, sono preoccupato per la bolla finanziaria cinese e per il rallentamento economico. Tengo anche conto della prospettiva di ulteriori fughe di capitali in reazione alle recenti perdite di capitali sugli strumenti di debito dei mercati emergenti, così come la prolungata forza del dollaro USA. Oltre a chiudere alcune posizioni su corporate bond degli emergenti, le posizioni short sui CDS in Brasile, Indonesia, Russia, Sud Africa e Turchia sono state chiuse con gli spread che erano tornati ai livelli visti durante l’escalation della crisi dell’Eurozona nel 2011. Tuttavia, riconosco che le valutazioni hanno visto delle correzioni e tengo monitorata questa parte del mercato.
Valute emergenti: Per quanto riguarda le valute, ho eliminato delle posizioni short sul Real brasiliano e dal Rand sud africano dopo il loro deprezzamento sul dollaro dell’8 e 9% rispettivamente.
Rimango convinto che la pressante esigenza della Fed di mantenere la ripresa del settore immobiliare e l’inflazione al di sotto del target attuale dovrebbe rendere improbabili aumenti tassi di interesse prima dell’anno prossimo. Anche la dimensione del restringimento monetario è stata sovrastimata dal mercato. In risposta agli ultimi movimenti del mercato, è il momento buono per aggiungere un po’ di duration e un po’ di rischio credito al fondo.
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