Il prezzo del petrolio è sceso oggi per la seconda seduta di fila. Il future sul WTI con scadenza ottobre ha perso al NYMEX l’1,3% a $46,35 al barile. Si tratta del più basso livello da due settimane. Il future sul Brent con scadenza ottobre ha perso all’ICE l’1,8% a $48,37 al barile.
A pesare sulle quotazioni del petrolio sono stati anche oggi i timori relativi all’elevata offerta sul mercato e la forza del dollaro. Un funzionario del governo iraniano ha dichiarato che Teheran si attende che la sua produzione salirà a 4 milioni di barili al giorno entro la fine dell’anno. L’attività produttiva dell’Iran era a tali livelli prima che le sanzioni da parte dei Paesi occidentali riducessero le sue esportazioni.
Il Dollar Index è salito oggi fino a 96,14 punti, da 95,57 punti di ieri. Se il dollaro si apprezza le materie prime denominate nel biglietto verde, come il petrolio, diventano meno appetibili per chi possiede altre divise. La valuta statunitense ha beneficiato dei segnali da falco arrivati da Stanley Fischer. In un’intervista a Bloomberg TV il vicepresidente della Federal Reserve non ha escluso un rialzo dei tassi d’interesse a settembre, indicando che l’occupazione è prossima al pieno regime e che le scelte di politica monetaria vengono decise sulla base dei dati macroeconomici.
L’attenzione degli investitori è rivolta ora ai dati sulle scorte di petrolio negli Stati Uniti, che verranno pubblicati domani dall’Energy Information Administration. Gli analisti consultati da S&P Global Platts si attendono per la scorsa settimana un aumento di 600.000 barili.
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