Dopo quattro sedute positive di fila il prezzo del petrolio ha chiuso in forte calo. Il future sul WTI con scadenza novembre ha perso al NYMEX il 4% a $44,48 al barile. Si tratta del più forte ribasso dallo scorso 13 luglio. Durante l’intera settimana la quotazione del WTI è salita del 2%. Il future sul Brent con scadenza novembre ha perso all’ICE il 3,7% a $45,89 al barile. Durante l’intera settimana il Brent si è apprezzato di solo lo 0,3%.
I mercati non si attendono che l’offerta sul mercato petrolifero scenderà nel breve termine. Secondo quanto riporta Bloomberg un delegato dell’Arabia Saudita avrebbe affermato che è improbabile che ad Algeri venga presa una decisione sui livelli di produzione. I membri dell’OPEC e la Russia terranno il prossimo 28 settembre, ai margini dell’IEF (International Energy Forum) nella capitale algerina, una riunione informale per discutere su come stabilizzare i prezzi.
In precedenza l’agenzia stampa Reuters aveva scritto che l’Arabia Saudita si stava adoperando a trovare un compromesso con l’Iran. Riad avrebbe proposto di ridurre la sua attività produttiva se Teheran congelerà la sua produzione agli attuali livelli, ovvero a circa 3,6 milioni di barili al giorno. Tuttavia un funzionario iraniano interpellato da S&P Global Platts ha dichiarato che è molto improbabile che il governo del suo Paese accetti di abbandonare l’obiettivo di riportare la sua produzione ai livelli pre-sanzioni.
A contribuire al forte calo del prezzo del petrolio è stata anche la proposta della Fed di ridurre l’attività delle banche sui mercati fisici delle materie prime. Il greggio potrebbe perdere importanti clienti come Goldman Sachs e J.P. Morgan. La Fed ha indicato che disastri come quello della Marea Nera presentano elevati rischi legali e finanziari per le banche.
Infine Baker Hughes (US0572241075) ha annunciato oggi che il numero di impianti di trivellazione di greggio è aumentato negli Stati Uniti di 2 unità a 418 unità. Si è trattato del dodicesimo aumento nelle ultime tredici settimane. La notizia ha confermato che il recente aumento dei prezzi sta spingendo sempre più gruppi statunitensi ad incrementare la produzione.
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