Petrolio, svanisce l’effetto Putin, ma il WTI resta sopra 50 dollari

L’effetto Putin sul prezzo del petrolio è stato di breve durata. Il future sul WTI con scadenza novembre ha perso al NYMEX l’1,1% a 50,79 dollari al barile. Il future sul Brent con scadenza dicembre ha chiuso all’ICE in ribasso dell’1,4% a 52,41 dollari al barile.

L’ultimo rapporto dell’AIE, l’Agenzia Internazionale per l’Energia, ha fatto riaumentare i timori degli investitori legati agli squilibri sul mercato petrolifero. L’offerta globale di petrolio si è attestata a settembre a 97,2 milioni di barili al giorno, si tratta di un aumento di 600.000 barili rispetto ad agosto e di 200.000 barili rispetto allo stesso mese del 2015.

L’aumento dell’offerta di petrolio è stato causato soprattutto dalla Russia, la cui produzione è cresciuta di 400.000 barili a 11,1 milioni di barili al giorno, ovvero ad un nuovo livello record nell’era post-sovietica.

La notizia è arrivata un giorno dopo che il presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato al Congresso Mondiale dell’Energia di Istanbul che il suo Paese è pronto ad aderire ad un piano per congelare o tagliare la produzione. A seguito delle parole di Putin i prezzi del petrolio avevano chiuso ieri ai massimi da più di un anno.

I dati dell’AIE hanno anche mostrato che la produzione dell’OPEC è salita a settembre di 160.000 barili e raggiunto il livello record di 33,64 milioni di barili al giorno. Il cartello ha raggiunto a fine settembre ad Algeri un accordo preliminare per tagliare la sua produzione di circa 700.000 barili al giorno a 32,5-33 milioni di barili al giorno. I dettagli del piano, incluse le quote con cui contribuiranno i singoli Paesi, saranno decisi alla riunione ufficiale in programma il prossimo 30 novembre a Vienna.

Capital Economics ha indicato in una nota di continuare ad essere scettica che l’OPEC sarà capace di finalizzare l’accordo stretto da Algeri. La casa d’investimento prevede che il Brent e il WTI torneranno alla fine di quest’anno a circa 45 dollari al barile. “L’osservanza delle quote dell’OPEC è stata di solito poco rigorosa e la Russia potrebbe rivelarsi essere un partner poco affidabile”, ha osservato. “Allo stesso tempo – ha aggiunto – la ripresa dei prezzi ha già incoraggiato una ripresa delle attività di perforazione negli Stati Uniti”.

L’AIE ritiene che se l’OPEC implementerà l’accordo stretto ad Algeri il mercato petrolifero potrebbe riequilibrarsi più presto del previsto. L’organizzazione con sede a Parigi si attende altrimenti che la domanda e l’offerta di greggio torneranno in equilibrio nella seconda metà del 2017.

Sui prezzi del petrolio ha pesato oggi anche l’ulteriore apprezzamento del dollaro. Il Dollar Index è salito ai massimi da otto mesi spinto dalla crescente aspettativa che la Fed alzerà i tassi a dicembre. La forza del dollaro è un fattore negativo per le materie prime denominate nel biglietto verde, come il greggio, perché le rende più care per chi possiede altre valute.

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