Il prezzo del petrolio ha chiuso in deciso rialzo. Il future sul WTI con scadenza novembre ha guadagnato al NYMEX il 2,6% a 51,60 dollari al barile. Si tratta del più alto livello da circa 15 mesi. Il future sul Brent con scadenza dicembre è salito all’ICE dell’1,9% a 52,67 dollari al barile.
Le scorte statunitensi di greggio sono calate la scorsa settimana di 5,25 milioni di barili ai minimi da gennaio. Gli analisti avevano previsto un aumento di 2,5 milioni di barili. Nonostante i dati siano volatili ed influenzati dalle manutenzioni nelle raffinerie, il sesto calo delle scorte in sette settimane ha rafforzato l’aspettativa degli investitori in una crescita della domanda.
Allo stesso tempo è aumentata la speculazione su un calo dell’offerta sul mercato. Khalid Al-Falih, il ministro saudita dell’Energia e dell’Industria, ha dichiarato oggi, alla conferenza “Oil & Money” di Londra, che molti Paesi vogliono partecipare agli sforzi dell’OPEC per frenare la produzione e stabilizzare i prezzi.
Al-Falih ha indicato che il mercato petrolifero è giunto alla fine della sua fase di “notevole flessione” e che una serie di fattori segnalano prezzi più elevati per il 2016 ed il prossimo anno. “Le forze di mercato stanno avendo evidentemente un impatto. Dopo aver testato quotazioni sotto 30 dollari, i fondamentali stanno migliorando e il mercato si sta chiaramente ribilanciando su entrambi i lati dell’equazione, cioè offerta e domanda”, ha spiegato. “Questa tendenza – ha aggiunto – verrà ulteriormente rafforzata dall’accordo raggiunto lo scorso mese ad Algeri tra i membri dell’OPEC e dalla prospettiva di una cooperazione dei produttori non-OPEC intorno al globo”.
L’OPEC ha raggiunto a fine settembre ad Algeri un accordo preliminare per tagliare la sua produzione di circa 700.000 barili al giorno a 32,5-33 milioni di barili al giorno. I dettagli del piano, incluse le quote con cui contribuiranno i singoli Paesi, saranno decisi alla riunione ufficiale in programma il prossimo 30 novembre a Vienna.
Tuttavia Al-Falih ha osservato che il 60% del petrolio globale viene prodotto dai Paesi che non fanno parte del cartello, una circostanza che rende necessaria una collaborazione tra l’OPEC ed i membri non-OPEC per aiutare il mercato. “I Paesi non-OPEC stanno mostrando la volontà di partecipare a questi sforzi e senza citare nomi, molti di loro hanno assicurato di non voler solamente congelare ma anche tagliare la produzione”, ha concluso.
Seguici su Telegram
Rimani aggiornato con guide e iniziative esclusive per gli iscritti!