I prezzi del petrolio hanno chiuso oggi per la terza seduta di fila in ribasso. Il future sul WTI con scadenza dicembre ha perso al NYMEX l’1,6% a 49,18 dollari. Si tratta del più basso livello dal 4 ottobre. Il future sul Brent con scadenza dicembre ha perso all’ICE l’1,6% a 49,98 dollari. Era da un mese che la quotazione del greggio estratto nel Mare del Nord non chiudeva sotto 50 dollari al barile.
Le scorte statunitensi di petrolio sono calate la scorsa settimana, a sorpresa, di 0,6 milioni di barili. La notizia ha potuto solo brevemente sostenere i prezzi dell’oro nero.
Gli investitori temono che il recente rally possa essere stato ingiustificato perché una riduzione dell’offerta sul mercato petrolifero sembra sempre più improbabile. L’Iraq, il secondo maggiore produttore dall’OPEC, ha chiesto di essere esentato dai tagli alla produzione perché impegnato nella guerra contro l’IS.
Il cartello ha raggiunto a fine settembre ad Algeri un accordo preliminare per tagliare la sua attività produttiva di circa 700.000 barili al giorno a 32,5-33 milioni di barili al giorno. Iran, Libia e Nigeria hanno già ottenuto di essere esentati dal piano.
Per avere una concreta possibilità di stabilizzare il mercato, l’OPEC ha inoltre assolutamente bisogno dell’aiuto degli altri grandi produttori, soprattutto della Russia. Da Mosca sono arrivati tuttavia finora segnali contrastanti. Ieri l’inviato russo all’OPEC, Vladimir Voronkov, ha affermato che “tagli alla produzione non sono per noi un’opzione”.
A pesare sui prezzi del petrolio è stata oggi anche la ripresa del dollaro. Dopo aver toccato un minimo a 98,34 punti, il Dollar Index è risalito fino a 98,66 punti. Se il dollaro si rafforza le materie prime denominate nella valuta statunitense, come il greggio, diventano meno appetibili per chi possiede altre divise.
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