Le scommesse rialziste sul petrolio sono calate per la prima volta da cinque settimane dopo che le continue discussioni in seno all’OPEC hanno fatto aumentare i dubbi sulla capacità del cartello di frenare l’offerta di greggio a livello globale.
Dall’ultimo rapporto della CFTC (Commodity Futures Trading Commission), emerge che nella settimana terminata il 25 ottobre le posizioni nette lunghe sul WTI sono calate sui mercati dei future e delle opzioni di 27.653 contratti a 268.978 contratti. Si tratta del primo calo delle scommesse rialziste sul greggio quotato a New York dalla settimana terminata il 20 settembre.
L’OPEC ha raggiunto a fine settembre ad Algeri un accordo preliminare per tagliare la sua produzione di circa 700.000 barili al giorno a 32,5-33 milioni di barili al giorno. La notizia, inattesa dagli investitori, ha messo le ali al prezzo del petrolio. Il WTI ha toccato il 19 ottobre un massimo da 15 mesi a 51,93 dollari al barile.
Tuttavia, a solo un mese dal vertice del 30 novembre, l’OPEC deve ancora definire i dettagli per implementare i tagli alla produzione. Secondo le ultime indiscrezioni di stampa la riunione “tecnica” di ieri a Vienna si sarebbe conclusa con un nulla di fatto perché l’Iran e l’Iraq si sono rifiutati di partecipare al piano dell’organizzazione. Teheran ha già più volte ribadito di voler continuare a pompare petrolio finché la sua produzione non tornerà ai livelli pre-sanzioni. L’Iraq ha chiesto da parte sua di essere esentato dal piano dell’OPEC perché ha bisogno degli introiti petroliferi per finanziare la sua lotta contro l’IS.
Il crescente scetticismo riguardo all’implementazione dell’accordo di Algeri si è riflesso sui prezzi. Il future sul WTI ha perso la scorsa settimana il 4,2%. Si è trattato del primo calo settimanale dopo cinque settimane positive di fila.
Oggi è in programma a Vienna l’incontro tra l’OPEC ed i Paesi non OPEC. Il cartello si è soprattutto sforzato durante le scorse settimane di ricevere l’appoggio della Russia nel suo intento di stabilizzare il mercato. Da Mosca sono arrivati però finora solo segnali contrastanti.
Alcuni analisti credono che se entro la fine di novembre non dovesse esserci nulla di concreto per realizzare i tagli alla produzione, il prezzo del petrolio potrebbe tornare sotto 40 dollari al barile.
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