Petrolio: Le divisioni nell’OPEC allontanano il riequilibrio del mercato

I maggiori produttori mondiali di petrolio hanno discusso per due giorni per più di diciotto ore senza riuscire a finalizzare un piano per implementare i tagli alla produzione. Le discussioni si sono tenute venerdì e sabato nel quartier generale dell’OPEC a Vienna, esattamente un mee prima del vertice ufficiale del 30 novembre.

Il cartello ha raggiunto a fine settembre ad Algeri un accordo preliminare per tagliare la sua produzione di circa 700.000 barili al giorno a 32,5-33 milioni di barili al giorno. Gli incontri degli ultimi due giorni avrebbero dovuto spianare la strada a proposte dettagliate su come raggiungere concretamente questo obiettivo. I colloqui miravano inoltre a preparare tagli coordinati con i Paesi non-OPEC, come la Russia.

Invece l’Iran e l’Iraq hanno insistito per essere esentati dal piano dell’OPEC volto a stabilizzare il prezzo del petrolio. Teheran ha detto di voler continuare a pompare greggio finché la sua produzione non avrà raggiunto 4,2 milioni di barili al giorno, si tratta di un aumento di 400.000 barili al giorno rispetto agli attuali livelli. Bagdad ha da parte sua indicato che non può ridurre la sua attività produttiva perché ha bisogno degli introiti petroliferi per finanziare la sua offensiva contro l’IS.

L’Arabia Saudita, il maggiore produttore dell’OPEC e rivale dell’Iran nella regione, vuole però che Teheran contribuisca agli sforzi del cartello per riequilibrare il mercato. In caso l’Iran e l’Iraq dovessero essere esentati, Riad potrebbe dover tagliare la sua produzione più di quanto voglia.

I membri dell’OPEC hanno inoltre litigato sulle cifre che dovrebbero essere utilizzate come riferimento per i contributi dei singoli Paesi alla riduzione dell’offerta. L’Iran e l’Iraq si sono rifiutati di accettare i numeri presentati dall’organizzazione che si basano su stime indipendenti.

Le tensioni in seno all’OPEC si sono propagate alla riunione con i Paesi non-OPEC. Per poter stabilizzare il mercato è necessaria anche la partecipazione dei grandi produttori che non fanno parte del cartello. I sei Paesi non-OPEC presenti ieri all’incontro di Vienna, ovvero Azerbaigian, Brasile, Kazakistan, Messico, Oman e Russia, non hanno voluto però prendere impegni concreti su eventuali tagli alla produzione.

La Russia ha ribadito di essere disposta piuttosto ad un congelamento che a un taglio della sua attività produttiva, ma solo se i membri dell’OPEC raggiungeranno dapprima un accordo tra loro.

L’Oman è disposto a tagliare la sua produzione nell’ambito di un piano comune con gli altri produttori, ma vuole attendere che l’OPEC raggiunga un’intesa al suo interno prima di decidere sull’entità del suo contributo.

Il Brasile ha preso parte alla riunione solo come osservatore. Marcio Felix, il suo rappresentante, ha dichiarato che la produzione del Paese continuerà a crescere nei prossimi anni. Felix ha spiegato che in Brasile sono le compagnie pubbliche quotate in borsa a prendere decisioni sulle forniture di petrolio e che il governo non può fare nulla.

Anche il Kazakistan aumenterà la sua produzione nei prossimi anni dopo che è stato riavviato il mega progetto del Kashagan, a cui partecipa anche Eni (IT0003132476). “Il lancio del Kashagan è per noi di enorme importanza, non siamo disposti ad abbandonarlo, non intendiamo farlo”, ha sottolineato il viceministro kazako dell’Energia Magzum Mirzagaliyev.

Le divergenze tra i membri dell’OPEC hanno suscitato la reazione del suo segretario generale, Mohammad Barkindo, che ha messo in guardia dalle gravi conseguenze per l’industria petrolifera se non si procederà con il piano per ridurre la produzione. “Il processo di riequilibrio del mercato petrolifero ha richiesto fin troppo tempo e non possiamo rischiare ulteriori ritardi”, ha affermato. “È necessario il massimo impegno di tutti i Paesi, sia OPEC che non-OPEC”, ha aggiunto.

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