La quotazione del petrolio è calata oggi per la sesta seduta di fila. A pesare sono state le voci relative ad un incremento degli attriti tra l’Arabia Saudita e l’Iran, due dei maggiori produttori dell’OPEC. Secondo delle indiscrezioni riportate dall’agenzia stampa Reuters, Riad avrebbe minacciato di aumentare la sua produzione se Teheran non contribuirà al piano per stabilizzare il mercato petrolifero. I prezzi del petrolio hanno ridotto le loro perdite dopo che la notizia è stata smentita dal segretario generale dell’OPEC, Mohammed Barkindo.
Il future sul WTI con scadenza dicembre ha chiuso al NYMEX in calo dell’1,3% a 44,07 dollari al barile. Si tratta del più basso livello dal 20 settembre. Il future sul Brent con scadenza dicembre ha perso all’ICE l’1,7% a 45,58 dollari al barile. Era dal 1 settembre che il benchmark globale non chiudeva a tali livelli.
Durante l’intera settimana la quotazione del WTI è scesa del 9,5%, registrando la peggiore performance settimanale dalla metà di gennaio. Il Brent ha lasciato sul terreno durante le ultime cinque sedute l’8,3%.
Nonostante le indiscrezioni riportate da Reuters siano state smentite, gli investitori temono che, a causa dei conflitti tra i suoi membri, l’OPEC non riuscirà nel suo intento di frenare l’offerta. Ufficialmente, il cartello continua a dirsi fiducioso sulla riuscita del suo piano. In una nota l’OPEC ha indicato di rimanere “profondamente ottimista” che l’accordo di Algeri sarà completato (Petrolio: L’OPEC cerca di tranquillizzare il mercato e attacca i suoi critici).
L’OPEC ha raggiunto a fine settembre nella capitale algerina un’intesa preliminare per tagliare la sua produzione di circa 700.000 barili al giorno a 32,5-33 milioni di barili al giorno. I dettagli del piano, incluse le quote con cui contribuiranno i singoli Paesi, saranno decisi al vertice semestrale in programma il prossimo 30 novembre a Vienna.
La riunione “tecnica” tenutasi venerdì scorso si è conclusa tuttavia con un nulla di fatto perché l’Iran e l’Iraq chiedono di essere esentati dai tagli alla produzione. Teheran vuole riportare la sua attività produttiva ai livelli pre-sanzioni. Bagdad ha bisogno degli introiti petroliferi per finanziare la sua lotta contro l’IS.
Sui prezzi del petrolio ha pesato questa settimana anche l’aumento record delle scorte statunitensi di greggio. Il dato ha segnalato che l’offerta da parte degli Stati Uniti potrebbe accelerare. In effetti la recente ripresa della quotazione del barile ha incoraggiato le compagnie energetiche a stelle e strisce ad incrementare la loro attività produttiva. Lo hanno confermato oggi i nuovi dati di Baker Hughes (US0572241075) sulle trivelle. Il numero di impianti di trivellazione di greggio è aumentato negli Stati Uniti questa settimana di 9 unità a 450 unità. Si tratta del nono aumento nelle ultime dieci settimane.
Il calo dei prezzi del petrolio ha penalizzato i titoli petroliferi. L’indice settoriale NYSE Arca Oil ha perso in settimana il 2,5%, contro il -1,9% dell’S&P 500.
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