Sui mercati è scoppiata la febbre del petrolio. Dall’ultimo rapporto della CFTC (Commodity Futures Trading Commission), emerge che nella settimana terminata il 15 novembre le scommesse rialziste e ribassiste sul WTI sono salite sulle borse dei future e delle opzioni a 1,47 milioni di contratti. Si tratta del più alto livello dal 2007. Martedì scorso il volume degli scambi dei call che danno il diritto di acquistare un future sul WTI ha raggiunto un livello record. L’indice CBOE Crude Oil Volatility, che misura le aspettative di oscillazione del prezzo del greggio, è balzato inoltre ai massimi da aprile.
La tensione sui mercati sta crescendo di giorno in giorno con l’avvicinarsi del vertice dell’OPEC del prossimo 30 novembre. Gli investitori vogliono proteggersi da inattesi movimenti dei prezzi.
L’OPEC ha raggiunto a fine settembre ad Algeri un accordo preliminare per limitare la sua produzione a 32,5-33 milioni di barili al giorno. Tuttavia, a circa una settimana dalla riunione semestrale nella capitale austriaca, i membri del cartello non hanno potuto finora accordarsi sui contributi dei singoli Paesi.
La maggior parte degli analisti è scettica e non crede che l’OPEC riuscirà a realizzare il suo piano volto a frenare l’offerta. I principali produttori dell’organizzazione hanno invece espresso ultimamente ottimismo. Il ministro saudita del Petrolio Khaled al-Faleh, ha dichiarato la scorsa settimana che è “imperativo” che i Paesi dell’OPEC trovino un accordo per implementare i tagli alla produzione. Sabato il ministro iraniano del Petrolio, Bijan Namdar Zanganeh, ha affermato che un accordo è “altamente probabile”.
Anche il segretario generale dell’OPEC, Mohammed Barkindo, ha dichiarato di essere fiducioso che il cartello potrà ridurre il livello record delle scorte e far proseguire il ribilanciamento del mercato.
Ad incrementare la tensione sul prezzo del petrolio è stata anche l’elezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti. L’inattesa vittoria del tycoon newyorkese ha avuto forti ripercussioni su Wall Street. Gli investitori stanno ancora studiando quale saranno le conseguenze di un’amministrazione repubblicana per il greggio.
In questo contesto i cosiddetti Commercial, ovvero quei trader che sono coinvolti nella produzione o nella vendita del sottostante del future, hanno incrementato le posizione corte, ovvero la protezione contro un calo del WTI, ai massimi livelli dal marzo del 2011. I contratti ribassisti sono cresciuti di 66.613 unità nelle ultime due settimane dopo che il prezzo del petrolio è risceso bruscamente da un picco di oltre 50 al barile.
Allo stesso tempo le posizioni nette lunghe sul WTI tenute dai gestori sono aumentate di 3.906 contratti a 163.321 contratti. Si è trattato del primo aumento da metà ottobre.
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