Il prezzo del petrolio ha interrotto oggi il suo rally post OPEC. Dopo cinque sedute positive di fila, il future sul Brent con scadenza febbraio ha perso all’ICE l’1,8% a 53,93 dollari al barile. Il future sul WTI con scadenza gennaio ha chiuso al NYMEX in ribasso dell’1,7% a 50,93 dollari al barile.
Secondo due indagini condotte indipendentemente da Reuters e Bloomberg la produzione dell’OPEC sarebbe salita a novembre al livello record di circa 34,2 milioni di barili al giorno. La notizia ha fatto scattare delle prese di beneficio sul petrolio.
I 14 membri dell’OPEC si sono accordati mercoledì scorso al vertice di Vienna per tagliare la produzione di 1,2 milioni di barili al giorno a 32,5 milioni di barili al giorno. Nonostante i prezzi abbiano reagito con un rally, una parte del mercato è scettica sull’implementazione dell’accordo. I dati di Reuters e Bloomberg hanno fatto solo incrementare questo scetticismo. In effetti è lecito chiedersi come l’OPEC potrà rispettare il prossimo anno il suo impegno, se nel frattempo la sua produzione continua a crescere.
Molti investitori non hanno voluto inoltre correre rischi prima della riunione che si terrà sabato prossimo, sempre a Vienna, tra i Paesi OPEC e non-OPEC. L’OPEC spera che i produttori che non fanno parte del cartello si impegneranno a tagliare la produzione di altri 300.000 barili al giorno, oltre ai 300.000 barili già promessi dalla Russia. L’esito delle trattative è incerto e ci sono dubbi se Mosca manterrà la sua promessa. Secondo indiscrezioni di stampa il ministro russo dell’Energia, Alexander Novak, si incontrerà domani con le compagnie petrolifere per preparare le discussioni con l’OPEC.
Intanto l’EIA (Energy Information Administration) ha alzato le stime sulla produzione statunitense di greggio per il 2016 a da 8,84 a 8,86 milioni di barili al giorno e per il 2017 da 8,73 a 8,78 milioni di barili al giorno. L’EIA ha indicato che la produzione statunitense potrebbe aumentare il prossimo anno ancora più velocemente, se la recente decisione dell’OPEC dovesse spingere il prezzo del petrolio oltre 50 dollari a barile, perché incoraggerebbe maggiori investimenti nelle regioni degli Stati Uniti che hanno ridotto la loro attività.
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