La quotazione del dollaro si indebolita oggi significativamente. Gli investitori temono che la Fed possa indicare mercoledì prossimo che il recente rally dollaro è stato eccessivo.
Il Dollar Index, l’indice che misura il valore del biglietto verde in relazione al paniere delle altre principali valute, è sceso fino a 100,84 punti, dai 101,64 punti della chiusura di venerdì.
È ormai scontato che la Fed alzerà mercoledì prossimo i suoi tassi d’interesse di 0,25 punti base. L’attenzione è volta perciò sulle indicazioni che l’istituto fornirà sulla sua futura politica monetaria e sulla sua interpretazione dei recenti sviluppi sui mercati finanziari.
Il dollaro si è apprezzato fortemente dopo la vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali. Il rally è stato dovuto in buona parte al balzo dei rendimenti dei Treasury, sull’aspettativa che il nuovo presidente attuerà politiche espansive che spingeranno la crescita e l’inflazione. È quindi probabile che la Fed si esprima mercoledì sul recente andamento dei bond e del dollaro. Molti rialzisti hanno preferito perciò non correre rischi ed hanno ridotto la loro posizione lunghe sulla divisa americana.
Dopo essere sceso nei primi scambi a 1,0526 dollari, ovvero ai minimi da una settimana, l’euro è risalito sul forex fino a 1,0652 dollari. La moneta unica beneficia anche dell’ulteriore calo dei timori legati alla situazione dell’Italia. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha incaricato Paolo Gentiloni di formare il nuovo governo. La notizia è stata accolta positivamente dai mercati perché l’attuale ministro degli Esteri promette continuità con il lavoro svolto finora dall’esecutivo.
Il dollaro è sceso fino a 114,86 yen. In precedenza il biglietto verde era salito fino a 116,12 yen, ovvero ai massimi da dieci mesi. La sterlina ha toccato sul dollaro un massimo a 1,27, in rialzo di circa l’1% rispetto alla chiusura di venerdì.
Il dollaro è scivolato inoltre rispetto a tutte le valute legate alle materie prime. Il prezzo del petrolio è balzato ai massimi dalla metà del 2015 dopo che i Paesi non OPEC, tra cui la Russia, si sono impegnati a tagliare la loro produzione di 558.000 barili al giorno (Petrolio: accordo storico, anche i non OPEC taglieranno la produzione).
Seguici su Telegram
Rimani aggiornato con guide e iniziative esclusive per gli iscritti!