Il nuovo aumento delle trivelle di perforazione negli Stati Uniti non ha frenato il prezzo del petrolio. Il future sul Brent con scadenza febbraio ha chiuso in rialzo dello 0,2% a 55,16 dollari al barile. Il future sul WTI con scadenza febbraio ha guadagnato lo 0,1% a 53,02 dollari al barile. Era dal 14 luglio del 2015 che il petrolio quotato a New York non chiudeva a tali livelli.
Baker Hughes (US0572241075) ha comunicato oggi che il numero di trivelle effettivamente in funzione per estrarre greggio è aumentato la scorsa settimana di altre 13 unità a 523 unità. Si tratta dell’ottavo aumento settimanale di fila. Dai minimi da sette anni toccati lo scorso maggio 27, le trivelle sono aumentate in 27 delle ultime 30 settimane per complessive 207 unità.
Tuttavia, secondo gli operatori, il mercato avrebbe nel frattempo realizzato che un aumento delle trivelle attive non significa un immediato incremento dell’offerta. Tra l’avvio di un impianto di perforazione e l’attuale produzione vi è in effetti uno scarto temporale.
Tra gli investitori continua inoltre a sussistere un cauto ottimismo che i grandi produttori di petrolio implementeranno gli accordi presi per stabilizzare i prezzi. L’OPEC vuole limitare nel primo semestre del 2017 la sua produzione a 32,5 milioni di barili al giorno. I Paesi non OPEC, guidati dalla Russia, si sono da parte loro impegnati a tagliare i loro livelli produttivi di 558.000 barili al giorno.
A sostenere il prezzo del petrolio è stato oggi anche l’indebolimento del dollaro. Il Dollar Index è sceso fino a 102,88 punti, dai 103,09 punti della chiusura di ieri. Un dollaro più debole è un fattore positivo per il greggio, che è denominato nel biglietto verde, perché lo rende meno caro per chi possiede altre divise.
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