Il prezzo del petrolio ha chiuso oggi a New York per l’ottava seduta di fila in rialzo. Il future sul WTI con scadenza febbraio ha guadagnato al NYMEX lo 0,3% a 54,06 dollari al barile. Si tratta del più alto livello dal 2 luglio del 2015.
Il prezzo del petrolio ha beneficiato anche oggi dell’aspettativa che i grandi produttori rispetteranno il patto volto a riequilibrare il mercato petrolifero mondiale. Il ministro irakeno del Petrolio, Jabbar al-Luaibi, ha dichiarato oggi che il suo Paese taglierà a partire dal 1 gennaio la sua produzione di 200.000 – 210.000 barili al giorno. Al-Luaibi si attende che i prezzi del petrolio saliranno a 60 dollari al barile perché i tagli contribuiranno a ridurre l’eccesso di offerta che perdura ormai da tre anni.
In precedenza Eulogio Del Pino, il ministro del Petrolio del Venezuela, un altro membro dell’OPEC, aveva confermato l’impegno di Caracas a tagliare la sua produzione di 95.000 barili al giorno a partire dal prossimo mese. Del Pino ha osservato che, con l’implementazione dei tagli, le scorte a livello globale torneranno in equilibrio, stabilizzando il mercato. Secondo Del Pino il prezzo del petrolio dovrebbe stabilizzarsi di conseguenza tra 60 e 70 dollari al barile.
Alla fine delle scorso mese l’OPEC ha raggiunto accordo per tagliare la sua produzione di 1,2 milioni di barili al giorno. I Paesi non OPEC, guidati dalla Russia, si sono successivamente impegnati a ridurre la loro capacità produttiva di 558.000 barili al giorno. Il primo patto globale dal 2001 volto a riequilibrare il mercato petrolifero ha spinto significativamente il prezzo del petrolio durante le scorse settimane. Dall’inizio di dicembre il WTI si è apprezzato di più del 9%.
La questione chiave è ora se i tagli saranno implementati. Come mostrano le dichiarazioni dei ministri dell’Iraq e del Venezuela riportate sopra, i segnali sono stati finora decisamente incoraggianti. Anche molti analisti sono fiduciosi che i produttori rispetteranno questa volta gli accordi più di quanto lo abbiano fatto in passato. Il motivo principale è che nessuno vuole rischiare che i prezzi tornino a 30 dollari al barile. Goldman Sachs ha osservato in una recente nota di attendersi che il patto tra l’OPEC ed i Paesi non OPEC sarà implementato all’84%.
Verso la metà di gennaio dovrebbe riunirsi per la prima volta il comitato speciale creato dai produttori per vigilare sull’implementazione dei tagli. Il comitato sarà costituito da tre membri dell’OPEC e due Paesi non OPEC.
Il future sul Brent con scadenza febbraio ha chiuso oggi all’ICE in rialzo dello 0,2% a 56,22 dollari al barile. Si tratta del più alto livello dal 22 luglio del 2015. Il benchmark a livello globale quota ora con un premio di 2,16 dollari sul WTI.
A frenare i guadagni dei prezzi del petrolio è stato oggi il forte apprezzamento del dollaro. Il Dollar Index è salito fino a 103,63 punti, dai 103,04 punti di ieri. Un dollaro più forte pesa sulle materie prime denominate nel biglietto verde, come il greggio, perché le rende più care per chi possiede altre valute.
Gli investitori nel petrolio aspettano ora i dati sulle scorte negli Stati Uniti, quelli dell’API saranno pubblicati in serata (in Italia), quelli dell’EIA domani alle 17:00 (ora italiana).
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