La forza del dollaro e l’aumento della produzione statunitense da scisti frenerà i prezzi del petrolio nel 2017. È quanto emerge da un’indagine condotta da Reuters.
I 29 analisti ed economisti consultati dall’agenzia stampa prevedono che il Brent quoterà quest’anno in media a 56,90 dollari al barile. Si tratta di previsioni leggermente meno ottimistiche di quelle di un mese fa, che indicavano un prezzo medio di 57,01 dollari al barile.
Il future sul Brent ha chiuso il 2016 a 56,63 dollari al barile, in aumento del 52% rispetto al 2015. Gli esperti interpellati da Reuters si attendono per il 2017 una graduale ascesa verso 60 dollari al barile. Il prezzo medio del Brent dovrebbe attestarsi nel primo trimestre a 53,67 dollari, nel secondo a 56,51 dollari, nel terzo a 58,69 dollari e nel quarto a 59,78 dollari.
Tra le singole case d’investimento consultate da Reuters, la più ottimista è Raymond James che prevede per il prossimo anno un prezzo medio del Brent di $83 al barile, mentre la più pessimista è GMP FirstEnergy che lo vede a $44,90 al barile. Nel 2016 il benchmark mondiale ha quotato in media a 45 dollari al barile.
Lo scorso 10 dicembre l’OPEC ed i produttori non OPEC hanno stretto il primo patto globale dal 2001 per far scendere l’eccessiva offerta di greggio dopo che più di due anni di bassi prezzi hanno deteriorato molti bilanci nazionali e condotto a disordini in alcuni Paesi. Mentre il cartello ha raggiunto un accordo per tagliare la sua produzione di 1,2 milioni di barili al giorno a partire dal 1 gennaio, le nazioni non allineate, guidate dalla Russia, si sono impegnate a ridurre la loro capacità produttiva di 558.000 barili al giorno.
Secondo gli esperti, se i produttori rispetteranno gli accordi, potrebbe esserci un’accelerazione del riequilibrio del mercato e il processo potrebbe essere completato entro la metà di quest’anno. Tuttavia, un ulteriore apprezzamento del dollaro e un aumento della produzione statunitense da scisti potrebbero impedire un importante progresso dei prezzi del petrolio.
Il Dollar Index, l’indice che misura il valore del biglietto verde in relazione al paniere delle altre principali valute, quota attualmente attorno ai massimi da 14 anni e potrebbe salire ancora sull’aspettativa di altri rialzi dei tassi da parte della Fed. Il petrolio è denominato in dollari ed ogni aumento della divisa americana lo rende più caro per gli investitori che vivono al di fuori degli Stati Uniti.
I produttori americani da scisti hanno già reagito al recente aumento della quotazione dell’oro nero. Dai minimi da sette anni toccati lo scorso maggio 27, le trivelle attive negli Stati Uniti sono cresciute in 28 delle ultime 31 settimane per complessive 209 unità. Una loro ulteriore crescita potrebbe spingere l’offerta statunitense e limitare l’impatto degli sforzi dell’OPEC volti a riequilibrare il mercato petrolifero globale.
Per quanto riguarda il WTI, gli esperti consultati da Reuters si attendono per il 2017 un prezzo medio di 55,18 dollari al barile, contro i 55,23 dollari al barile della precedente indagine. Il future ha chiuso venerdì al NYMEX a 53,72 dollari al barile. Il suo valore medio nel 2016 è stato pari a 43,30 dollari al barile.
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