La quotazione del dollaro continua ad indebolirsi. Il Dollar Index, l’indice che misura il valore del biglietto verde in relazione al paniere delle altre principali valute, è sceso oggi fino a 99,23 punti, dai 99,75 punti della chiusura di ieri. Si tratta del più basso livello da 12 settimane.
La Fed ha deluso gli investitori non fornendo ieri chiari indizi sulle sue prossime mosse. L’istituto guidato da Janet Yellen ha solo ribadito che la crescita economica prosegue ad un ritmo moderato e che la stretta monetaria sarà graduale. Il mercato si era atteso un tono più da “falco”, con una possibile indicazione su un rialzo dei tassi a marzo. Sul dollaro continuano inoltre a pesare le politiche protezionistiche di Donald Trump.
Il dollaro scende al momento rispetto allo yen dello 0,7% a 112,40. La valuta giapponese, considerata un “porto sicuro”, beneficia dei timori legati alle tensioni a livello geopolitico. La nuova amministrazione statunitense ha criticato aspramente il test missilistico effettuato dall’Iran lo scorso 29 gennaio, inviando “un avvertimento ufficiale” a Teheran.
Il cambio euro-dollaro è salito fino a 1,0819, ovvero ai massimi da 8 settimane. A sostenere la moneta unica sono i crescenti segnali di un incremento delle pressioni inflazionistiche nell’Eurozona. L’Eurostat ha comunicato oggi che i prezzi alla produzione sono aumentati a dicembre su anno dell’1,6%. Si è trattato del più forte aumento dal gennaio del 2013.
Dopo aver superato temporaneamente quota 1,27 dollari, la sterlina perde al momento lo 0,6% a 1,2580 dollari. La Bank of England ha mantenuto oggi il suo tono neutrale mentre il forex si era atteso un’indicazione su un rialzo dei tassi nel corso del 2017.
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