Materie prime: Riparte il rally dei metalli preziosi, il petrolio continua a vacillare

Il Bloomberg Commodity Index (BCOM) è sceso anche la scorsa settimana, a causa delle perdite in tutti i settori fatta accezione dei metalli preziosi. Questi infatti continuano a registrare ottime performance, con l’argento che cresce da nove settimane consecutive. I rischi politici in Europa in vista delle prossime elezioni in Olanda, Francia e Germania, uniti all’incertezza legata alle politiche economiche statunitensi, hanno riportato gli investitori sui metalli preziosi. L’inversione di tendenza è stata anche supportata dall’attuazione del “Trump Trade”, che ha portato all’indebolimento del dollaro e a rendimenti dei Titoli del Tesoro più bassi.

Tutto il settore energetico è stato trascinato al ribasso a seguito delle vendite sul gas naturale: le temperature negli Stati Uniti continuano ad essere sopra la media e questo riduce la domanda di riscaldamento. Lo stesso è accaduto ai metalli industriali, portati verso il basso dal rame.

I future sul grano, guidati dalla soia, sono stati venduti in seguito alla diffusione del report del Dipartimento per l’Agricoltura Statunitense, che ha previsto una crescita record delle piantagioni di soia a scapito di quelle di mais e grano. All’interno delle soft commodity sono invece cresciuti caffè e cacao.

Il greggio è stato al centro delle discussioni avvenute durante l’International Petroleum Week di Londra. Il Segretario Generale dell’OPEC Mohammad Sanusi Barkindo ha dichiarato che il 100% dei produttori del cartello deve attenersi alle direttive e allo stesso tempo ha aperto alla possibilità che altri produttori adottino dei tagli.

Alla richiesta di proiezioni sull’andamento del prezzo del petrolio nel corso dell’anno, il 45% dei presenti ha risposto che si aspetta una crescita del prezzo del Brent tra i $50 e i $59/b, mentre il 33% ha parlato addirittura della possibilità di entrare nel range tra i $60 and $69/b. Anche noi ci schieriamo dalla parte degli ottimisti, ma le sfide da affrontare non sono poche.

Il mancato rispetto degli accordi relative ai tagli della produzione continuerà a limitare il potenziale rialzo in questa fase. È necessario attenersi alle regole per almeno altri cinque mesi.

L’andamento di WTI e Brent, i due principali punti di riferimento a livello globale, è stato range-bound dallo scorso dicembre, con un’oscillazione di prezzo media settimanale solo del 3,7%, la metà della media registrata lo scorso anno. La resistenza al di sopra dei $55/b rimane forte, un eventuale rottura a $52,70/b aprirebbe scenari ribassisti. Rimaniamo dell’idea che il Brent debba scendere in zona $50/b prima di risalire verso i $60/b.

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