Cominciamo dalle buone notizie. Secondo quanto afferma l’ultimo report britannico sull’andamento del mercato del lavoro, la disoccupazione è ai minimi storici, valutato che erano almeno quarant’anni che nell’area non si registravano code così basse presso gli sportelli che approvano le richieste di suddidi di disoccupazione.
A conferma di ciò, è emerso che il mese scorso il numero di persone che cercano lavoro e chiedono l’aiuto del Jobseeker’s Allowance è sceso a 737 mila unità, con una flessione di 11 mila unità che ha condotto il dato ai minimi dal 1975 a questa parte. In calo anche la disoccupazione “generale”, che comprende anche chi non richiede sussidi, per un tasso del 4,7% della popolazione lavorativa.
Tutto bene, dunque? Non proprio. Perchè se è vero che l’economia britannica è solida e favorisce la creazione di nuovi posti di lavoro, è anche vero che cresce il pessimismo sul prossimo futuro. Secondo un sondaggio di Ipso Mori, il 50% della popolazione ritiene che l’economia è destinata a peggiorare entro 12 mesi, il 24% ritiene che rimarrà così come è, il 20% si attende un miglioramento.
Insomma, anche se il quadro è roseo, sempre più cittadini britannici sono preoccupati da quel che sarà nel corso del prossimo futuro, con il timore che la Brexit possa concretamente abbattersi su un benessere che da decenni non si avvertiva. Il tutto, peraltro, con una domanda “beffa”: se l’economia sta andando così bene e il tasso di disoccupazione è così basso, quale è la necessità di uscire dall’Unione Europea per fermare il “pericolo” immigrazione che era stato paventato in tempi sospetti e non sospetti? Se gli stranieri non portano via il lavoro ai britannici, quale è il senso di mettere a rischio economia e unità nazionale con la Brexit?
L’impressione è che, nei prossimi trimestri, arriveranno le risposte.
Seguici su Telegram
Rimani aggiornato con guide e iniziative esclusive per gli iscritti!