In una corsa a quale valuta sarà più debole delle altre, il dollaro sembra potersi giocare le sue buone carte. La sconfitta sulla nuova legislazione sanitaria (Trump voleva abolire l’Obamacare, e ha finito con l’incassare una sonora sconfitta “casalinga”) aumenta infatti i dubbi che questa ha innescato sull’effettiva capacità della nuova amministrazione di poter condurre a termine le misure promesse di stimolo fiscale.
Con una nota ben critica, infatti, gli analisti si domandano come può Trump proporre ai mercati le rassicurazioni circa le proprie prossime politiche più incisive, se non è riuscito nemmeno a trovare un’intesa interna per la revisione dell’Obamacare.
Sul piano più pratico, il mancato risparmio di bilancio che sarebbe stato ottenibile con la riforma sanitaria, limita ora gli spazi per una riforma del fisco e anche per una banale riduzione delle tasse. Certo, non è affatto detto che l’Obamacare non si possa ritoccare in un prossimo futuro (anzi, è probabile che i repubblicani possano gradualmente ricompattarsi su una proposta di revisione magari più soft), ma il messaggio al mercato sembra essere già stato lanciato.
In un simile quadro, sia sul cambio euro/dollaro che sul dollaro/yen emerge pertanto una situazione… “paradossale”. Se infatti la Boj e la Bce si affrettano a ribadire il loro approccio espansivo, la Federal Reserve conferma i tre rialzi dei tassi nel 2017. Tuttavia, sono euro e yen a subire un forte apprezzamento, mentre il dollaro perde posizioni. Uno scenario che potrebbe mandare in tilt le menti didatticamente più predisposte, visto e considerato che le valute si stanno comportando in modo opposto rispetto a quanto dovrebbero, visto il posizionamento delle rispettive Banche centrali.
Inoltre, rimane non certo sottovalutabile l’attenzione sulla sterlina in vista del primo passaggio formale della Brexit, per il prossimo 29 marzo. Un eventuale complicarsi dell’iter politico della Brexit – peraltro, molto probabile stando le attuali distanze tra le due parti – rischierebbe di rendere meno scontato il recupero della divisa inglese, che apparirebbe invece favorito dal miglioramento economico generale e da un non traumatico distacco dalla UE.
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