Le performances fortemente positive della Borsa di Wall Street sembrano quasi appartenere al passato. Da alcune settimane, infatti, il clima sulla Borsa Usa è profondamente cambiato. I principali indici della borsa americana, Dow Jones, Nasdaq e S&p500, sembrerebbero aver esaurito la loro carica e l’euforia creata dall’elezione di Trump sembra aver lasciato il passo ad un maggiore realismo.
In particolare l’indice S&P 500, dopo aver raggiunto il suo massimo storico a quota 2400 punti, sembra ora entrato in una fase laterale. Dal punto di vista dell’analisi fondamentale, il rallentamento della Borsa di Wall Street è iniziato a partire dalle recenti mosse in ambito estero del presidente Trump. Sono state le tensioni geopolitiche con la Corea del Nord e la Russia (per interposta Siria) a rendere nervosi gli investitori e a determinare il calo dell’azionario e la corsa verso l’oro e il petrolio.
In questo contesto, cosa è lecito attendersi dagli indici azionari americani? In altre parole la domanda che da alcuni giorni serpeggia tra gli investitori è: investire in azioni Usa conviene ancora?
A provare a rispondere a questo interrogativo è stato Edward D. Perks (CFA Executive Vice President Chief Investment Officer Franklin Templeton Equity). Secondo il manager, anche alla luce delle recenti evoluzioni, l’azionariato Usa mantiene ancora un suo fascino. Per Perks, quindi, sono possibili ulteriori rialzi ma a fronte dell’insorgere di nuovi fattori di rischion che vanno attentamente valutati. Per dirla in parole povere, quindi, la situzione non si è deteriorata ma potrebbe riservare sorprese negative.
Ma quali sono questi elementi di rischio da tenere sotto controllo? In un suo report, Perks fa rifermento all’inflazione, all’aumento dei costi dei fattori di produzione e alle maggiori pressioni dei salari. Questi tre elementi potrebbero annullare i tanti aspetti positivi pur presenti nell’azionariato Usa (utile, cash flow e didivendi più elevati rispetto agli altri mercati).
Sul fronte internazionale, inoltre, varie regioni hanno sottoperformato rispetto agli Usa e vantano, in termini generali, valutazioni inferiori che sono comunque interessanti. In una situazione di questo tipo, le grandi compagnie che sono esposte tanto sull’economia Usa quanto su quella dei mercati emergenti, sono ritenute interessanti e le loro azioni sono guardate con molta attenzione.
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