Il recente rialzo del prezzo del petrolio non ha praticamente impressionato nessuno. Nonostante le forti oscillazioni che la quotazione del greggio ha registarto, non c’è stato un solo analisti che si è spinto a parlare di svolta nel grafico del Brent e del Wti. La situazione, quindi, resta molto tesa anche se da quello che è avvenuto appena due giorni fa (mercoledì) si può trarre una lezione molto importante. I dati sugli stock Usa, infatti, sono una delle variabili più importanti che sono capaci di influenzare l’andamento della quotazione del greggio. Abbiamo usato il termine “una” e non “la variabile” non a caso. Come è oramai comprovato, infatti, ci sono tanti fattori da tenere in considerazione quando si provano a tracciare le previsioni sull’andamento del prezzo del petrolio.
A proposito di stime e previsioni, quelle pubblicate oggi da Goldman Sachs, sono certamente da tenere in debita considerazione. Gli analsti della banca d’affari Usa sono stati tra i più freddi sul breve rally rialzista che ha caratterizzato il prezzo del petrolio. Il motivo è facilmente intuibile se si va a guardare al report sulla quotazione del greggio. Goldman Sachs ha anzitutto tagliato le stime sul prezzo medio a tre mesi del Wti da 55 dollari al barile a 47,5 dollari al barile.
Il taglio sulle previsioni effettuato dagli analisti, riflette quella che è una loro convinzione: se l’Opec non stupirà il mercato con una dratica riduzione della produzione, il prezzo del petrolio resterà inchiodato sotto i 40 dollari al barile (per avere un’idea della previsione si guardi all’attuale quotazione petrolio).
E’ una previsione shock quella di Goldman Sachs che connette l’andamento del prezzo del greggio alle sole decisioni Opec sulla produzione. Ma l’Opec non dovrebbe solo tagliare la produzione ma dovrebbe comportarsi in modo completamente diverso anche dal punto di vista della comunicazione. Quello che occorre, secondo Goldman Sachs, è un annuncio a sorpresa, solo in questo modo gli investitori resterebbero davvero stupiti.
Secondo Goldman Sachs, la cronaca di questi ultimi mesi dice solo una cosa: “Il mercato ha perso la pazienza ed è stufo di aspettare un calo delle scorte USA ed aumentano al contempo i timori relativi al bilancio del prossimo anno”. Dinanzi a tale situazione, secondo Goldman Sachs, un eventuale “aumento dei prezzi dovrà essere per forza di cose guidato da elementi come la riduzione della produzione Shale Usa”. Questa mossa si dovrebbe poi affiancare all’azione imprevedibile dell’Opec che abbiamo descritto in precedenza.
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