Quella che si sta avviando alla conclusione è stata una settimana particolare per la quotazione dell’oro. Le minacce della Corea del Nord e l’imprevedibilità di Trump avevano provocato alcuni giorni fa un aumento delle quotazioni dell’oro. In puro clima da corsa al bene rifugio, il prezzo dell’oro è schizzato salvo poi iniziare a ritracciare non appena la tensione sulla Nord Corea ha iniziato e ridursi. Il copione di quella che la stampa definisce come crisi Nord Corea è noto visto che non è la prima volta che si verifica una recrudescenza seguita da un allentamento della tensione.
La morale di quello che è avvenuto nel corso di questa settimana, grafico quotazione oro alla mano, è abbastanza chiaro: senza la tensione in Corea non ci sono motivi forti da poter spingere il prezzo dell’oro in avanti (al netto delle sparate di Trump). Il prezz dell’oro, quindi, dai massimi su 11 mesi si è portato a 1315 dollari al barile. L’inversione di rotta è avvenuta a seguito della pubblicazione di alcuni dati macro sull’economia americana. In particolare il Pil degli Stati Uniti del secondo trimestre migliore delle attese e la stima occupati Adp di agosto molto incoraggiante hanno attestato che l’economia degli States sta decisamente in salute. Con un quadro macro positivo, la possibilità che la Federal Reserve aumenti i tassi nel board di dicembre è tornata a prendere quota.
Tutto questo ha logicamente interrotto la corsa dell’oro. Si sono anzi aperte nuove prospettive che hanno avuto un impatto anche sul cambio Euro Dollaro. A fare la differenza, come sempre, sono i fondamentali più che la perrenne crisi nord coreana.
Fermo restando che l’andamento del prezzo dell’oro possa subire comunque accelerazioni come quella di questa settimana, a fare davvero la differenza sembra essere solo la Federal Reserve. Senza crisi coreana non c’è motivo per correre ai beni rifugio.
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